Transazione fiscale applicabile anche in caso di diniego dell’Agenzia delle Entrate?

Nell’ambito della predisposizione di un piano di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti l’imprenditore in stato di crisi può presentare all’Amministrazione finanziaria una proposta di transazione fiscale per il pagamento, in misura parziale o in forma dilazionata, dei tributi. Ciò comporta che all’esito del necessario procedimento istruttorio, esaminata la proposta e tutta la relativa documentazione depositata dall’imprenditore, e ricevuto il parere positivo della Direzione regionale, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente dovrebbe esprimere il proprio consenso o diniego alla proposta di transazione fiscale attraverso la sottoscrizione di un apposito atto negoziale: la transazione fiscale costituisce, infatti, una fase endoconcorsuale che si chiude con l’adesione o il diniego alla proposta di concordato preventivo mediante espressione di voto da parte dei creditori fra cui l’Amministrazione finanziaria.

Una delle modifiche più rilevanti apportate alla Legge Fallimentare dalla Legge n. 159/2020 (entrata in vigore il 04.012.2020 ed applicabile anche alle procedure in corso) in tema di transazione fiscale riguarda il significato delle espressioni anche in mancanza di voto” e “anche in mancanza di adesione” inserite rispettivamente nel comma 4 dell’art. 180 L.F., con riferimento al concordato preventivo, e nel comma 4 dell’art. 182-bis con riferimento all’accordo di ristrutturazione dei debiti. In particolare all’art. 180, comma 4, L.F. è stato aggiunto: “il Tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggiorazione di cui all’art. 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’art. 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”; all’art. 182-bis, comma 4: “il Tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”.

Questo significa che il Tribunale potrà omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione contenente la proposta di transazione fiscale anche in assenza dell’approvazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, laddove essa sia determinate per il raggiungimento della maggioranza dei creditori e delle classi di creditori che la Legge fallimentare richiede ai fini dell’approvazione.

Le espressioni utilizzate dal legislatore del 2020 “anche in mancanza di voto” e “anche in mancanza di adesione” inserite rispettivamente nel comma 4 dell’art. 180 L.F., con riferimento al concordato preventivo, e nel comma 4 dell’art. 182-bis con riferimento all’accordo di ristrutturazione dei debiti, hanno determinato perplessità dal momento che non era chiaro se riguardassero solo la mancata pronuncia sulla proposta del debitore da parte dei creditori pubblici qualificati (Fisco ed enti previdenziali) o anche il suo rigetto.

L’orientamento più restrittivo è stato affermato dal Tribunale di Bari (decreto del 18 gennaio 2021) che, in un caso in cui la proposta di concordato preventivo non aveva raggiunto le maggioranze previste dalla legge, a causa del voto negativo dell’Amministrazione finanziaria, ha affermato che le nuove regole della transazione fiscale non potessero “ritenersi applicabili, riferendosi la norma all’ipotesi della mancanza del voto da parte dell’amministrazione finanziaria e non includendo quindi – in modo chiaro ed univoco e senza che possano sorgere dubbi interpretativi sul punto – l’ipotesi della espressione del voto contrario”; e ciò “per l’univoco tenore letterale della norma” e il “trattamento differenziato irragionevole per i creditori ammessi al voto”.

A favore di un’interpretazione più estensiva si sono, invece, pronunciati il Tribunale di La Spezia (decreto 14 gennaio 2021) che, dopo avere accertato la convenienza di una proposta si accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e la decisività del voto, ha disposto l’omologazione e l’estensione forzata degli effetti all’Amministrazione finanziaria che aveva espresso voto negativo. In senso conforme si è espresso anche il Tribunale di Forlì (decreto 15 marzo 2021), il quale ha stabilito che “per mancata adesione dell’amministrazione finanziaria nelle procedure di sovraindebitamento deve chiaramente intendersi il voto negativo espresso, posto che vigendo in questo ambito il meccanismo del silenzio-assenso il mero non voto equivarrebbe a voto positivo”. Ricorrendo quindi le condizioni di convenienza della proposta e decisività, il Tribunale ha omologato l’accordo di composizione di una crisi di sovraindebitamento, estendendone forzatamente gli effetti ai creditori pubblici che avevano espresso il loro diniego. Si ricorda, infine, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, superando la precedente posizione enunciata nella sentenza n. 25635/2016, hanno recentemente statuito che il rigetto della transazione fiscale dell’Agenzia delle Entrate è impugnabile avanti al giudice fallimentare e non a quello tributario poiché la ratio concorsuale dell’istituto prevale su quella tributaria.  

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