Spunti di riflessione in merito al D.L. n. 132 del 12 settembre 2014 in materia di degiurisdizionalizzazione

Il 12 settembre 2014, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 132/2014 recante disposizioni contenenti una “piccola rivoluzione” del comparto giustizia proposta dall’Esecutivo.

Nel prendere atto che, ancora una volta, è stata preferita la strada della decretazione d’urgenza privilegiando, in questo modo, interventi nel complesso disorganici, si apprende come, con tale normativa – presentata come la soluzione all’annoso problema dell’arretrato -, si è scelto di radicare nel nostro ordinamento mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, senza tuttavia prevedere un preventivo serio riparto dei diritti tutelabili e per di più senza predisporre adeguati incentivi ed agevolazioni, anche e soprattutto di natura fiscale e tributaria.

Da una lettura delle disposizioni ivi contenute, si evince, in primis, che le ferie dei magistrati non durano più 45 giorni (art. 16) grazie alla così detta “riduzione dei termini feriali processuali” (a partire dal 2015 la sospensione sarà infatti dal 6 al 31 agosto) che, di rimando, si sostanzia in una riduzione delle ferie anche per gli avvocati.

In secundis, ma non per importanza, il testo del decreto dispone l’entrata in vigore di tre strumenti (a favore dei giudici) finalizzati alla riduzione dell’arretrato.

Il primo di questi è l’arbitrato (art. 1) tramite il quale, nelle cause pendenti in primo grado e in appello le parti possono ricorrere ad un collegio arbitrale, i cui componenti saranno scelti tra gli avvocati (si tratta di “giudici privati” delegati dal tribunale), per arrivare ad una soluzione condivisa.

Detta possibilità è tuttavia esclusa qualora la controversia riguardi diritti indisponibili (stato e capacità delle persone, famiglia, etc.) o cause di lavoro.

Nel caso in cui l’arbitrato si concluda positivamente, il lodo arbitrale avrà la stessa efficacia di una sentenza.

Il secondo strumento è la negoziazione assistita (artt. 2-11) che, a differenza dell’arbitrato, mira a raggiungere una conciliazione tra le parti.

Essa è prevista come condizione di procedibilità nelle liti in materia di risarcimento danni da incidente stradale o nautico, nonché nelle richieste di pagamento fino a 50 mila euro ed è soddisfatta se l’assenso o il rifiuto non pervengono entro il termine di 30 giorni.

Qualora la controparte rifiuti di negoziare o comunque non risponda, il Giudice può valutare detto comportamento sia ai fini dell’attribuzione delle spese di giudizio sia in termini di responsabilità nel corso del successivo procedimento giudiziario.

Tale disposizione ha, però, efficacia dal novantesimo giorno successivo alla legge di conversione.

Attraverso il mezzo della negoziazione assistita si può altresì divorziare o modificare le condizioni di separazioni e divorzi (art. 12) anche senza l’obbligo di un’assistenza legale, recandosi semplicemente a formalizzare l’intesa raggiunta innanzi all’ufficiale di stato civile, a patto che non esistano figli minorenni, portatori di handicap o anche maggiorenni ma non autosufficienti sul piano economico.

In tale frangente, il ruolo dell’avvocato si sostanzia nel redigere un accordo sottoscritto dai coniugi (con firma autenticata dall’avvocato medesimo) contenente la regolamentazione delle condizioni della separazione o del divorzio, che dovrà essere poi trasmesso entro dieci giorni al Comune in cui il matrimonio è stato trascritto (in caso di matrimonio religioso) o iscritto (in caso di matrimonio civile) in copia autenticata dall’avvocato.

Altri due strumenti previsti dal nuovo decreto di riforma consentono, rispettivamente, al Giudice, nell’ambito dei processi in corso, di convertire con ordinanza non impugnabile il rito processuale da ordinario di cognizione a sommario, in considerazione della complessità della causa e dell’istruzione probatoria (art. 14), e agli avvocati di parte di raccogliere direttamente da terzi dichiarazioni utili sul procedimento giudiziario in corso (art. 15).

Infine, il decreto oggetto di analisi prevede la disposizione circa la fissazione del saggio degli interessi legali che, in assenza di diversa determinazione delle parti, dal momento dell’inizio del procedimento di cognizione, viene fissata nella misura prevista dalla legislazione speciale in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al D.Lgs. n. 231/2002.

Orbene, ciò che si può concludere alla luce di questa breve disamina è che, pur prevedendo il provvedimento de quo talune positive novità, lo stesso si presenta tuttavia piuttosto lacunoso e comunque mancante della necessaria sistematicità in relazione all’impianto generale della giurisdizione statale. Le disposizione contenute nel decreto appaiono infatti piuttosto generiche e, a dire il vero, non in grado di produrre risultati apprezzabili.

In effetti, notevoli perplessità suscita la previsione che consente ai coniugi la separazione e il divorzio consensuali, mediante mera presentazione personale davanti all’ufficiale dello stato civile negli stessi casi in cui è consentita la negoziazione assistita, poiché la delicatezza delle problematiche di diritto di famiglia fa presagire un aumento del contenzioso avente ad oggetto gli accordi raggiunti senza l’assistenza del difensore, soggetto tecnicamente affidabile, consapevole e competente.

A onor del vero, la sola norma che può essere valutata positivamente è quella sul tramutamento da parte dei giudici del rito processuale da ordinario di cognizione a sommario, mentre le altre si presentano poco specifiche e, comunque, prive della capacità di produrre effetti positivi nel nostro ordinamento.

 

 

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