Quale responsabilità fiscale per la società estinta?

La giurisprudenza di legittimità in ambito tributario si è trovata a dover trattare sempre con maggiore frequenza tematiche legate al fenomeno dell’estinzione della Società, che determina l’insorgere di una serie di aspetti peculiari sotto il profilo della incidenza della responsabilità dei soci, dell’amministratore e del liquidatore per le imposte imputabili alla persona giuridica rimaste inevase, e da cui scaturiscono quesiti interessanti anche sotto il profilo processuale.

Con una serie di recenti pronunce la Corte di Cassazione ha delineato un quadro operativo importante sia con riferimento alle modalità di notifica dell’atto impositivo alle società cessata ad opera degli enti impositori e dell’Agente della riscossione, sia ai fini di individuare la legittimazione attiva dei destinatari di tali provvedimenti.

La cancellazione dal registro delle imprese

La disciplina civilistica in materia di estinzione della società, secondo quanto previsto dall’art. 2495, comma 2, c.c., stabilisce, alla luce dell’interpretazione della più recente giurisprudenza di legittimità, che con la iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese si verifica la sicura estinzione della società̀ di capitali, anche qualora, successivamente, emergano rapporti societari non risolti e, in particolare, debiti non soddisfatti (cfr.: Cass. sent. n. 18618/2006).

La norma ripartisce la relativa responsabilità in capo ai soci, limitatamente alle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, nonché in capo al liquidatore, qualora il mancato pagamento sia dipeso da sua colpa: circostanza quest’ultima che richiede l’emanazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di un provvedimento che sia autonomamente motivato in ordine ai profili di responsabilità accertati come imputabili al liquidatore (secondo quanto previsto dall’art. 36 del d.P.R. n. 602/73).

La disposizione in commento pone, altresì, un limite di tempo per la notifica della relativa domanda presso l’ultima sede sociale: gli eventuali debitori possono infatti provvedervi entro un anno dalla data di cancellazione, termine oltre il quale la notifica dovrà essere effettuata direttamente ai soci o al liquidatore.

Ciò comporta che la notifica dell’avviso di accertamento, contenente la richiesta di pagamento di imposte relative al reddito prodotto dalla Società, effettuata presso il domicilio del liquidatore, trascorso oltre un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, debba ritenersi palesemente nulla.

È nulla la cartella di pagamento notificata ad una società cancellata

Corollario della cancellazione dal registro delle imprese di una Società è “la nullità della cartella di pagamento notificata al liquidatore di società estinta e cancellata dal registro delle imprese ancorché il destinatario attinto dal provvedimento notificatogli ed intestato alla società sia comunque legittimato a formulare impugnazione in quanto trattasi di atto potenzialmente pregiudizievole alla propria sfera giuridica personale”.

E’ questa la conclusione cui sono pervenuti gli ermellini con la recente ordinanza n. 28187 del 17.12.2013 con cui in relazione all’impugnabilità di una cartella di pagamento emessa nei confronti di una società ormai estinta, hanno affermato la carenza di legittimazione attiva nel giudizio della parte privata, perchè già cancellata dal registro delle imprese, sancendo che: “la domanda giudiziale introdotta dal liquidatore di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese è improponibile” e che “l’effetto estintivo che di conseguenza inevitabilmente ne deriva, determina il venir meno del potere di rappresentanza dell’ente estinto in capo al liquidatore stesso”.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, pur riconoscendo che nella fattispecie in concreto esaminata non sarebbe derivato alcun pregiudizio dalla mancata impugnazione della cartella di pagamento da parte dell’ex liquidatore, posto che non era possibile promuovere alcuna esecuzione forzata ai danni della società cancellata, ammette, a garanzia del principio costituzionale del diritto alla difesa, che il soggetto raggiunto dal provvedimento, in astratto pregiudizievole, possa promuovere opposizione, in proprio o nella qualità di legale rappresentante di un ente ormai inesistente.

I giudici di legittimità dirimono la controversa questione relativa alla legittimazione attiva ad impugnare un atto notificato ad un soggetto ormai estinto in maniera innovativa rispetto alle precedenti pronunce sul punto (cfr.: Cfr. Cass., SS.UU., n. 4060/2010, Cass., ord. n. 22863/2011 sull’esclusione della legittimatio ad processum del rappresentante dell’ente estinto), escludendo la sanzione dell’inammissibilità del ricorso promosso dall’ex liquidatore di una società cancellata dal registro delle imprese ed ammettendo l’impugnazione da parte del soggetto nei cui confronti l’atto esecutivo possa, anche in via astratta, configurare un pregiudizio.

Tale soluzione, del tutto condivisibile, appare applicabile per le medesime considerazioni svolte dagli ermellini, anche alla notifica di un avviso di accertamento, con la conseguenza che l’Agenzia delle Entrate, decorso il termine annuale dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, anziché rivolgersi all’ex liquidatore, ultimo legale rappresentante dell’ente, avrebbe dovuto notificare apposito atto al socio, con una pretesa parametrata alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione.

Tra l’altro, come ribadito anche da una recentissima sentenza dei giudici di merito, l’Agenzia delle Entrate, ai fini di formulare la pretesa erariale nei confronti dei soci dovrebbe allegare e dimostrare l’intervenuta distribuzione di utili in favore di questi, mentre, come detto, per quanto concerne il liquidatore, l’onere probatorio dell’Ufficio può dirsi assolto con la dimostrazione di una distribuzione preferenziale di residui a danno del pagamento dei tributi (cfr.: Commissione tributaria provinciale Reggio Emilia, sez. III, sentenza n. 69 del 04.02.2014).

 

Articoli Recenti

L’obbligo degli Uffici di dare esecuzione alle sentenze tributarie

A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.

Leggi articolo
error: Il sito è protetto da copyright!