Protocolli 231 per evitare gli illeciti doganali

Il d.Lgs. 75/2020, di recepimento della Direttiva PIF, funzionale alla lotta contro le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’UE, ha inserito i reati di contrabbando doganale nel catalogo degli illeciti presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del d.Lgs. 231/2001.

Tale novella legislativa, a un anno dall’entrata in vigore, ha spinto Confindustria, nell’ambito delle recenti Linee Guida per la costruzione dei MOG 231, a disciplinare il contesto, individuando delle specifiche aree a rischio reato, unitamente ai controlli preventivi ritenuti necessari da parte dell’azienda, allo scopo di rimanere indenne dalle connesse gravi responsabilità.

In tema, ad esempio, di gestione degli adempimenti doganali, le cennate Linee Guida sottolineano la necessità di procedere all’individuazione dei soggetti incaricati di intrattenere rapporti con i referenti di A.D.M., riecheggiando un adempimento già disciplinato e ampiamente sottolineato ai fini della prevenzione di fenomeni concussivi e corruttivi.

Nella medesima chiave prospettica, il documento di prassi sottolinea l’importanza di disporre di draft contrattuali standardizzati, che prevedano l’osservanza di condotte cristalline nella gestione delle attività affidate a terzi (ad esempio, al doganalista) nonché la necessaria nomenclatura di step procedurali da rispettare in caso di eventuali scostamenti.

Le Linee Guida assegnano, ulteriormente, vitale importanza alla selezione dei fornitori di beni e servizi, con dedicata attenzione alla stipula e gestione dei relativi contratti.

Più nel dettaglio, gli schemi esemplificativi proposti da Confindustria per tale area a rischio riprendono le riflessioni già condotte dal CNDCEC, nel documento di studio edito nel settembre del 2019, proprio all’indomani della piena promulgazione della Direttiva PIF.

In tema di prova circa la correttezza di operazioni di triangolazione intra-UE, acquisisce dirimente importanza la valutazione delle attività di qualifica del fornitore, concetto ripreso ed esteso nella indicata attività di due diligence da effettuare nei confronti del fornitore, con l’individuazione ex ante delle modalità e dei criteri per la verifica preventiva del suo accreditamento e della sua qualifica. Un’attività per l’impresa necessaria non solo in sede di inizio del rapporto, ma soggetta ad un costante aggiornamento finalizzato alla verifica nel tempo del mantenimento dei necessari requisiti.

A comparare bene i due documenti di prassi, si intuiscono la profonda differenza e i momenti di stridente contrasto tra le attività funzionali a dimostrare il possesso di un’adeguata struttura organizzativa e di un MOG 231 effettivo ed efficace, da un lato, e i presidi, in chiave preventiva, utili a fornire compiuti elementi di prova contraria nel caso di contestazioni di matrice penal-tributaria e tributaria.

Esemplificativo della descritta evenienza è il caso delle triangolazioni comunitarie semplificate, in cui intervengono tre operatori diversi in tre differenti paesi comunitari, con un unico trasporto di beni dal Paese del primo cedente al Paese del destinatario finale. I conseguenti meccanismi di reverse charge, contemplati dall’originaria Direttiva del ’92, per come modificati dal D.L. 331/93 e dalla Direttiva 2018/1910, risultano anacronistici, sebbene ai fini 231 offrissero in vero utili elementi a discolpa del cedente intermedio, ora chiamato a verifiche non sempre possibili in ragione del proprio limitato campo di investigazione e della naturale inibizione ad accedere a banche dati di esclusivo utilizzo dell’Amministrazione Finanziaria.

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