Accade di frequente di dover valutare l’ipotesi di attribuire la responsabilità civile nei confronti del trustee che, senza le dovute autorizzazioni da parte del disponente, pone in essere condotte contrarie ai doveri imposti dall’atto istitutivo del trust.
Al fine di comprendere se per tale condotta sia possibile contestare a detto soggetto una responsabilità civile per violazione del rapporto di fiducia sotteso a tale negozio giuridico e avanzare, per mano del guardiano, o dei beneficiari, una richiesta di risarcimento danni, occorre analizzare le disposizioni previste dalla Convenzione dell’Aja, dando un opportuno sguardo anche alla Legge di Jersey e di San Marino.
Come noto, in forza dell’art. 2 della Convenzione, “Il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”.
Requisito fondamentale alla base del rapporto tra disponente e trustee è la fiducia – intesa come quel senso di affidamento, sicurezza e stima in forza del quale è affidata la proprietà finalizzata del disponente – per la quale il primo affida i beni in trust al secondo che ne diviene responsabile per la loro corretta gestione ed amministrazione nei limiti di quanto previsto nell’atto istitutivo e nel rispetto di una serie di obblighi generali previsti dalla natura dell’istituto. Egli è, infatti, tenuto a:
- preservare e, ove possibile, incrementare il fondo in trust;
- redigere periodicamente un rendiconto delle operazioni;
- agire con imparzialità nei confronti dei diversi beneficiari;
- non trarre vantaggi diretti o indiretti dal fondo.
Per tale ragione, il trustee è tenuto ad adoperare un grado di diligenza ancora più elevato di quello generalmente richiesto dal buon “padre di famiglia”, posto che, sulla base della c.d. “fiducia-affidamento”, il medesimo svolge non solo attività meramente conservative del patrimonio ma anche potenzialmente lesive dello stesso.
Tali considerazioni portano a concludere come la condotta del trusteeposta in manifesta violazione agli obblighi al medesimo imposti permetta di ascrivere al medesimo una responsabilità civile qualora, a causa della stessa, i beneficiari subiscano dei danni (in tal senso, Tribunale di Milano, 20.10.2002 in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 265, Cass. Civ. 13.06.2008, n. 16022, e Tribunale di Firenze, 06.09.2008 in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 549).
La Trusts Jersey Law del 1984 (unitamente alle sue successive modifiche, l’ultima risale al 2006), disciplina nel dettaglio tutti i momenti della vita del trust.
Posto che la Convenzione dell’Aja effettua solo un breve cenno all’art. 2 sopracitato, occorre compiere una riflessione in merito alle disposizioni concernenti doveri e responsabilità per violazione delle obbligazioni fiduciarie del trustee.
Ebbene, tale normativa prevede che il trustee debba detenere e amministrare i beni in trust a vantaggio dei beneficiari e svolgere il proprio ufficio nel rispetto delle disposizioni dell’atto istitutivo come se le avesse pattuite contrattualmente con il disponente (E. Barla De Guglielmi, P. Panico, F. Pighi, Direttore scientifico Mautizio Lupoi, Trusts e attività fiduciarie, Quaderni n. 8, La legge di Jersey sul trust, Jersey nel modello internazionale dei trust, Ipsoa, 2007, pp. 184 e 201).
La legge di Jersey impone delle obbligazioni minime a carico del trustee, in forza delle quali egli:
- non può ricavare alcun utile personale dalla loro posizione giuridica;
- nell’assolvimento del proprio ufficio, deve agire osservando la massima buona fede.
Quanto al primo punto, poiché il dovere del trustee di agire nell’interesse dei beneficiari comporta anche la necessità di evitare conflitti fra il proprio interesse personale e quello dei beneficiari, egli non deve ricavare direttamente o indirettamente alcun utile personale dal suo ufficio né, tantomeno, procurarlo ad un soggetto terzo (art. 21 della Legge).
In riferimento al secondo punto, l’art. 30 della Trusts (Jersey) Law ritiene il trustee responsabile anche tutte le volte in cui egli abbia versato in “violazione del trust” e quindi sia stato inadempiente rispetto ad un qualsiasi dovere su di lui gravante in base alla legge o alle disposizioni del trust (“Il trustee è responsabile per ogni Violazione del trust da lui commessa e nella quale abbia concorso. (2) Il trustee che sia responsabile per una Violazione del Trust è responsabile per: a) la perdita o la diminuzione di valore dei Beni in trust che sia stata causata da tale Violazione; e b) ogni incremento che i Beni in trust avrebbero maturato se non ci fosse stata tale violazione. (3) Quando vi siano due o più violazioni un trustee non può compensare il vantaggio che possa essere derivato da una Violazione del Trust con la perdita che possa essere occorsa a causa di un’altra Violazione del Trust; (3A) Un trustee che si dimetta al fine di agevolare una violazione del trust è responsabile per tale Violazione del Trust come se esso non si fosse dimesso…”).
In alcuni casi, la violazione avviene in relazione ad un dovere assoluto (ad esempio, di non investire con certe modalità o di non alienare determinati beni del trust), in altri, al mancato rispetto degli standard di diligenza e di correttezza che sono richiesti ai trustee nell’esercizio delle loro funzioni.
Fondamentale appare il richiamo all’art. 54, comma 3, della Legge in cui si fa riferimento al caso di alienazione dei bei in violazione del trust. Con tale disposizione, è previsto che essi possono essere “oggetto di sequela e di rivendica, a meno che essi non siano nella disponibilità di un acquirente a titolo oneroso in buona fede che non fosse stato (o avesse dovuto essere) a conoscenza della violazione del trust oppure un soggetto (diverso dal trustee) avente causa di tale acquirente a titolo oneroso di buona fede”.
Ebbene, anche alla luce dei principi esaminati, per stabilire se la condotta del trustee ha violato i doveri fiduciari propri dell’istituto, occorre non solo tenere in considerazioni le norme previste dalla legge regolatrice – a seconda del caso, più o meno dettagliata – ma soprattutto l’atto istitutivo del trust, che risulta essere la fonte primaria dei suoi doveri.
Il principio sopra citato per cui il trustee che ha arrecato un danno al trust deve ripianare le perdite causate trova conforto nella giurisprudenza di merito richiamata.
Invero, in relazione all’accertamento di una violazione delle norme dettate nell’atto istitutivo e agli obblighi che caratterizzano l’ufficio privato del trustee, la stessa (cit. Tribunale di Milano sent. 20.10.2002) non ha mancato di sottolineare come il trustee, ai sensi del richiamato art. 2 della Convenzione, sia responsabile della gestione e della disposizione dei beni conferiti in trust laddove non effettui tale attività conformemente ai “termini del trust” e alle “norme particolari impostegli dalla legge”.
Va da sé che il trustee inadempiente ai propri obblighi è tenuto, ai sensi dell’art. 1223 c.c. – in forza del quale “il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata” -, al risarcimento del danno sia sotto il profilo del danno emergente sia sotto quello del lucro cessante, salvo che dimostri che la perdita è stata determinata da una causa a lui non imputabile (in dottrina, F. Rota, Basini G.,Il trust e gli istituti affini in Italia, Giuffrè, pp. 72-73, 2007 e V. Bancone, Trust ed enti non commerciali. Profili comparativi e potenziali applicazioni, Maggioli Editore, pp. 58-59, 2009).
Come noto, il danno emergente consiste nella perdita economica che il patrimonio del creditore ha subito per colpa della mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore, mentre il lucro cessante rappresenta il mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l’inadempimento non fosse stato posto in essere.
I principi enunciati sono confermati dall’art. 42 della legge n. 42 del 01.03.2010 di San Marino che, a differenza della Convenzione dell’Aja, espressamente disciplina la responsabilità del trustee di fronte all’inadempimento degli obblighi previsti dalla legge e dall’atto istitutivo: “1. Se l’atto istitutivo non dispone diversamente, un trustee inadempiente ai propri obblighi è tenuto, a richiesta di un beneficiario o del guardiano, al risarcimento del danno cagionato al fondo in trust o al beneficiario che agisce, se non prova che il danno è stato cagionato da causa a lui non imputabile. 2. Il risarcimento comprende il danno emergente e il lucro cessante. 3. Il trustee non è esonerato da responsabilità benché il danno sia compensato in tutto o in parte dal lucro derivante dall’inadempimento, salvo che il lucro sia prodotto dallo stesso atto da cui deriva il danno..”.
In applicazione di tale normativa, è quindi possibile considerare quali soggetti legittimati ad agire nei confronti del trustee infedele sia i beneficiari sia il guardiano del trust.
In ogni caso, al fine di poter avere contezza della gravità delle inadempienze perpetrate e avanzare conseguente richiesta di risarcimento danni, occorre conoscere il contenuto dell’atto istitutivo in cui in cui sono rinvenibili le regole cui il trusteeavrebbe dovuto sottostare e la legge scelta dal disponente per regolare il trust.