Omessa risposta ai questionari e preclusione probatoria

Con la sentenza n. 7978 depositata in data 4 aprile 2014 la Corte di cassazione è intervenuta sulla questione della portata applicativa della preclusione all’utilizzo in giudizio della documentazione non prodotta durante la fase amministrativa ai sensi dei commi 3 e 4 del d.p.r. n. 600/73, richiamati dall’art. 51, comma 5, d.p.r. n. 633/1972 in materia Iva, specificando che nell’esercizio della potestà di accertamento è necessario che l’Amministrazione finanziaria, con l’invio di un questionario, fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli, che derivano dall’inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’Amministrazione), sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare l’azione dell’Ufficio impositore.

La fattispecie esaminata dalla corte di Cassazione può essere sintetizzata come segue: una società espone nella dichiarazione Iva un credito maturato nel quarto trimestre del 2001 in parte già rimborsato; l’Ufficio richiede con questionario di esibire la “documentazione probatoria” e la società non vi provvede. Il credito viene pertanto disconosciuto. Il contribuente impugna il provvedimento ed ottiene ragione dalla C.T.R., che rileva come in sede di verifica, effettuata successivamente nel 2002, la contabilità della società contribuente fosse stata comunque riscontrata e senza rilievi negativi ed il credito Iva ammesso dalla stessa Agenzia delle Entrate rispetto agli altri tre trimestri del 2001. Inoltre la relativa documentazione era stata depositata in giudizio senza contestazioni sulla sua veridicità. Nel ricorso per cassazione l’Agenzia censurava la violazione dei commi 3 e 4 del d.p.r. n. 600/73, richiamati dall’art. 51, comma 5, d.p.r. n. 633/1972 in materia Iva, sottoponendo alla cassazione la questione: se ed entro quali limiti l’omessa allegazione della contabilità, a seguito di richiesta dell’Ufficio, ne determini la inutilizzabilità in giudizio a favore del contribuente.

La sentenza della Corte di Cassazione afferma che affinchè scatti l’effetto preclusivo è necessaria una serie di condizioni: in primo luogo, che nell’invito sia assegnato un termine al contribuente e che esso sia accompagnato dall’espresso avvertimento che, in caso di inadempimento scatterà la sanzione della inutilizzabilità. Questo in adempimento del dovere di buona fede di cui lo stesso obbligo di collaborare è attuazione, con la conseguenza che, da un lato, il contribuente ha l’obbligo di collaborare, ma, dall’altro lato, anche la condotta del Fisco, nell’attivare, nell’esigere l’adempimento e nel pretendere di sanzionare la relativa inosservanza deve rispettare il principio di buona fede. In sostanza il Fisco, come parte della Pubblica Amministrazione ed esercente una pubblica funzione ha – in attuazione del principio di imparzialità sancito dall’art. 97 Cost. – dei doveri di protezione: il Fisco, in quanto soggetto pubblico, nel perseguire il gettito tributario deve agire secondo buona fede e proporzione, e ciò implica che deve preoccuparsi anche delle ragioni del contribuente se questo può avvenire ad un costo procedimentale ragionevole.

In secondo luogo, la sentenza in commento, chiarisce che è necessario che venga individuato un termine minimo per l’adempimento delle richieste istruttorie, specificando che venga indicato: a) un termine finale per rispondere alla richiesta, senza il quale non è neppure possibile stabilire quando si sia realizzato l’inadempimento che comporta la “sanzione” dell’inutilizzabilità: b) che tale termine sia ragionevole e proporzionato.

In terzo luogo, la Corte di Cassazione sottolinea come la richiesta istruttoria per soddisfare il principio della buona fede deve essere specifica; in caso contrario l’Amministrazione potrebbe con una richiesta generica, porre il contribuente nella alternativa fra un adempimento particolarmente vessatorio (la esibizione di tutta e qualunque documentazione in suo possesso) ovvero l’inutilizzabilità di ogni documento e dato non prodotto nella massa, verosimilmente assai ampia, di quelli disponibili.

L’interpretazione secondo la regola della buona fede di questo onere procedimentale comporta, da un lato, che la richiesta dell’Ufficio deve essere ragionevolmente analitica (ergo analitica per quanto possibile sulla base degli elementi noti o conoscibili per l’Ufficio) e, dall’altro lato, che l’adempimento del contribuente non deve essere capzioso nel senso che lo stesso deve fornire i dati richiesti assecondando lo spirito evidente della richiesta, senza strumentalizzare errori o inesattezze evidentemente riconoscibili della controparte (peraltro ai fini della preclusione all’utilizzo dei dati non presentati non è necessario che la condotta del contribuente sia dolosa o fraudolenta essendo sufficiente che la mancata allegazione sia dovuta a colpa).

Infine, la sentenza in rassegna affronta anche alcuni aspetti di carattere processuale assai significativi, chiarendo che la preclusione probatoria deve essere eccepita dall’Ufficio e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. In particolare, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’onere di provare di avere rispettato le condizioni richieste per il maturare della preclusione (specificità della richiesta, assegnazione di un termine, avvertimento circa le conseguenze dell’inadempimento) incombe sull’Amministrazione finanziaria, circostanza che logicamente comporta che lo stesso Ufficio abbia l’onere, a monte, di eccepire la preclusione, che non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. In sostanza, secondo la sentenza in commento, la preclusione scatta solo se l’Ufficio allega e dimostra di avere assolto ai propri oneri: non è sufficiente per l’Ufficio eccepire la preclusione ed attendere che il contribuente eccepisca che mancava il termine, gli avvisi o che la richiesta non era specifica. L’Agenzia deve allegare e dimostrare subito tali elementi, anche se non vi sono contestazioni da parte del contribuente, in quanto avvisi, termine e specificità della richiesta sono “fatti costitutivi” della preclusione che devono essere allegati e dimostrati dall’Ufficio.

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