Omessa liquidazione delle spese di parte civile: nullità o correzione di errore materiale?

La Sentenza n. 20697 del 29.05.2012 rappresenta l’ultimo pronunciamento della Cassazione in tema di rimedi esperibili in caso di omessa pronuncia sulle spese richieste dalla parte civile, ovvero se sia necessaria l’impugnazione o possa farsi ricorso alla procedura di correzione di errore materiale.

Le Sezioni Unite, chiamate a dare una soluzione al quesito con riferimento ad un rito patteggiato ex art. 444 c.p.p., hanno affermato, nella Sentenza n. 7945/2008, che l’omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene a una componente essenziale dell’atto, onde a essa può porsi rimedio con la procedura di correzione di cui all’art. 130 c.p.p.

In tale ipotesi rientra, in tutti i casi in cui non emergano specifiche circostanze idonee a giustificare l’esercizio della facoltà di compensazione (totale o parziale) delle spese, l’omissione della condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (che ne abbia fatto richiesta), in cui sia incorso il giudice nell’emettere sentenza di applicazione della pena concordata fra le parti, stante il carattere accessorio, rispetto al thema decidendum, della statuizione omessa, e la sua previsione normativa come conseguenza obbligatoria della pronuncia penale, richiedente, da parte del giudice, una mera operazione tecnico-esecutiva, da svolgersi sulla base di precisi presupposti e parametri oggettivi, di liquidazione dell’importo dovuto.

In altri termini, non possono determinare nullità e attenere a componenti essenziali del provvedimento le omissioni di statuizioni imposte dallo stesso ordinamento, in particolare quelle omissioni per cui l’ordinamento medesimo preveda specificamente la correggibilità mediante la procedura di cui all’art. 130 c.p.p..

Per quanto riguarda, poi, l’individuazione dell’autorità giudiziaria competente a disporre l’integrazione successiva di statuizioni omesse, che abbiano, però, natura obbligatoria e contenuto predeterminato, la Suprema Corte, nella Sentenza n. 32953 del 08.09.2010, ha attribuito tale competenza sia al giudice che ha emesso il provvedimento carente, sia al giudice dell’impugnazione, che a quello dell’esecuzione, a patto però che questi abbia una specifica competenza in ordine alla statuizione omessa.

La portata del principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite nei casi di pronunce rese dai giudici ex art. 444 c.p.p. è stata circoscritta, da un primo orientamento giurisprudenziale, alle sole ipotesi di applicazione di una pena concordata fra le parti. In tali casi, infatti, l’omessa statuizione in ordine alla richiesta di condanna dell’imputato alle spese processuali, ritualmente formulata dalla parte civile, ha carattere accessorio e costituisce una conseguenza obbligatoria della pronuncia penale, trattandosi di mera operazione tecnico-esecutiva da svolgersi sulla base di parametri oggettivi. La prima Sezione della Cassazione, con la Sentenza n. 41571 del 29.10.2009, ha rilevato come tale principio non possa estendersi al giudizio dibattimentale, stante la radicale diversità procedimentale riscontrabile tra quest’ultimo e l’istituto disciplinato dall’art. 444 c.p.p..

Tale impostazione restrittiva è stata, però, ben presto contraddetta da altra pronuncia di legittimità, la quale, aderendo al precetto enunciato dalle Sezioni Unite, ha affermato che, essendo la quantificazione dell’importo delle spese che l’imputato deve rifondere alla parte civile conseguenza necessaria della sentenza di condanna, all’omissione, nel dispositivo della sentenza, di tale statuizione il giudice può, pertanto, porre rimedio con la procedura di correzione di cui all’art. 130 c.p.p, ove non ricorrano, in ogni caso, specifiche circostanze idonee a giustificare l’esercizio della facoltà di compensazione delle spese stesse (cfr.: Ordinanza Cass. Pen. Sez. III, Ord., n. 43680 del 25.11.2011).

Con la più recente pronuncia avente ad oggetto i rimedi esperibili dinnanzi ad un’omessa liquidazione delle spese di parte civile, i Giudici di legittimità hanno sposato di nuovo l’orientamento restrittivo, osservando come, il principio enunciato dalle Sezioni Unite sia destinato a trovare applicazione al solo patteggiamento, con la conseguenza che, “avverso l’omessa pronuncia, sulla domanda della parte civile in ordine al rimborso delle spese sostenute nel corso di un giudizio di merito a cognizione piena sul tema della responsabilità penale, possa quindi rimediarsi soltanto con gli ordinari mezzi di impugnazione”.

La Suprema Corte, trovandosi a dover valutare l’applicabilità della procedura di correzione degli errori materiali a un’ipotesi di omessa liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile in sede di appello, ha pertanto ribadito l’impossibilità di far ricorso alla procedura di cui all’art. 130 c.p.p. nel giudizio dibattimentale, atteso che, in tale ultimo caso, non sussiste alcun automatismo ed inderogabilità in ordine all’ammontare delle spese, potendo il giudice far luogo alla loro compensazione parziale o totale per soccombenza reciproca, in dipendenza di un non integrale accoglimento delle domande civili, ovvero per la novità o complessità delle questioni da esse implicate, così come può quantificarle, in concreto, secondo un apprezzamento largamente discrezionale, in una cifra variabile entro i minimi e i massimi stabiliti dalle tariffe professionali (cfr.: Sentenza Cass. Pen. Sez. II, Sent., n. 20697 del 29.05.2012).

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