A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.
Recentemente, la Suprema Corte, nella sentenza n. 11908/2022, ha inoltre precisato che l’Amministrazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 68 D.Lgs. 546/92, ha “l’obbligo (…) di rimborsare entro breve termine al contribuente quanto versato in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza di accoglimento totale o parziale del ricorso”. Peraltro,l’art. 68, comma 1, D.Lgs. 546/92, “disciplina la riscossione frazionata e graduale del tributo e dei relativi interessi sempre sulla base delle statuizioni della sentenza. Tali previsioni postulano, evidentemente, che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato”.
Secondo la Cassazione, poi, un “ulteriore dato a conferma di tale conclusione deve rinvenirsi (…) nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 18, il quale prevede, al comma 4, che le sentenze delle commissioni tributarie concernenti provvedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie sono “immediatamente esecutive” (nei limiti di cui al successivo art. 19, che richiama il menzionato art. 68)”.
Proprio per effetto di tale immediata efficacia, gli Ermellini avevano già avuto modo di chiarire che qualora intervenga una sentenza del giudice tributario non ancora passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte l’atto impositivo, questo non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria, anche avente natura cautelare, sicché l’ente impositore (così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento) ha l’obbligo di agire in conformità alla statuizione giudiziale (Cass., SS.UU., sent. n. 758 del 13/01/2017).
In conseguenza degli emendamenti introdotti dalla citata novella del 2015, inoltre, è riconosciuta al contribuente, nel caso di mancata esecuzione della sentenza da parte dell’Ufficio, la possibilità, concessa dagli articoli 68, comma 2, e 69, comma 5, D.Lgs. 546/1992, di chiedere l’ottemperanza ai sensi dell’articolo 70 del medesimo Decreto. Tale ultima norma dispone, al comma 1, che “La parte che vi ha interesse può richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado passata in giudicato mediante ricorso da depositare in doppio originale alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo grado, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da essa pronunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della corte di giustizia tributaria di secondo grado”.