L’impugnabilità del diniego di disapplicazione della normativa antielusiva nella giurisprudenza di merito

Le Commissioni Tributarie, provinciali e regionali, sono prevalentemente concordi nell’ammettere l’autonoma impugnabilità del provvedimento di diniego di disapplicazione della normativa antielusiva emesso al termine del procedimento instaurato con la presentazione dell’istanza di interpello ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del D.P.R. 600/1973.

Il problema dell’autonoma impugnabilità del provvedimento de quo nasce dalla sua non espressa inclusione tra gli atti direttamente impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, elencati dall’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992.

Il tema è stato affrontato più volte dalla Suprema Corte che riconosce un immediato interesse del contribuente ad impugnare l’atto di diniego (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 8663 del 15/04/2011 e sentenza n. 17010 del 05/10/2012).

In sede di merito un aspetto spesso sollevato dinanzi alle Commissioni è quello della legittimazione passiva dell’ufficio, individuata talora nella Direzione Regionale, altre nella Direzione Provinciale.

Tra le più recenti in materia vi è la sentenza n. 413 del 14/11/2013 della CTP di Milano la quale affronta le problematiche concernenti l’impugnazione del provvedimento emesso a seguito del rigetto dell’istanza di interpello ex articolo 37-bis, presentata per la disapplicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 30 della L. 724/1994, relative alle “società di comodo”.

La società ricorrente impugnava il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate rigettava l’istanza presentata dalla società ai sensi dell’articolo 37 bis, comma 8,  del D.P.R. 600/1973, con la quale veniva chiesta, per l’anno 2010, la disapplicazione delle disposizioni sulle c.d. “società di comodo”.

La ricorrente chiedeva al giudice adito che, in via preliminare, fosse dichiarata l’autonoma impugnabilità del provvedimento e, in via principale, l’annullamento dello stesso.

La Direzione Regionale della Lombardia nelle proprie controdeduzioni eccepiva, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso avente ad oggetto un atto non autonomamente impugnabile ex articolo 19 del D.Lgs. 546/1992; nel merito deduceva l’illegittimità del provvedimento impugnato dalla ricorrente, poiché l’istanza non era corredata da atti e documenti necessari alla corretta individuazione e qualificazione della fattispecie.

Si costituiva in giudizio anche la Direzione Provinciale di Monza e Brianza, chiamata in causa dalla ricorrente, la quale eccepiva la propria mancanza di legittimazione passiva e nel merito l’inammissibilità del ricorso, non autonomamente impugnabile ex articolo 19.

La Commissione tributaria provinciale di Milano ritiene che il diniego emesso dalla Direzione Regionale sia un atto autonomamente impugnabile, potendo essere ricompreso nell’elencazione residuale della lettera i) dell’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992: “ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni tributarie”. La Commissione Provinciale richiama la categoria dei c.d. “atti facoltativamente impugnabili”, elaborata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 21045 dell’8/10/2007, nei quali si ravvisa in capo al contribuente un interesse sufficientemente forte da essere meritevole di tutela immediata pur non rientrando tassativamente nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992.

Secondo la Commissione la non impugnabilità dell’atto di diniego lederebbe il principio della capacità contributiva, il diritto di difesa ed il buon andamento della pubblica amministrazione, poiché con la tutela differita il contribuente subirebbe un danno immediato, essendo costretto a pagare e a chiedere in un secondo tempo il rimborso, attivandosi con insistenza con il fisco, operazione “non facile da portare a compimento”.

Il Giudice di merito sostiene che la mancata impugnazione nei termini di legge, decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni ai contribuenti, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all’istante; pertanto, il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della tempestiva impugnazione si può estendere anche al merito delle determinazioni impugnate.

Sul punto della legittimazione passiva la Commissione provinciale ritiene corretta l’impugnazione proposta nei confronti della Direzione Regionale, quale emittente del provvedimento impugnato ed ente superiore rispetto all’ufficio locale.

Infine, anche nel merito il ricorso è accolto poiché la non operatività non è stata una scelta del contribuente ma una situazione di fatto non dipesa dalla volontà dell’imprenditore.

La pronuncia di merito illustrata è solo una delle numerose sentenze che ammettono l’autonoma impugnabilità del diniego opposto all’istanza di interpello antielusiva.

Tuttavia, deve evidenziarsi che ancora emergono orientamenti non univoci sulle motivazioni a sostegno di tale impugnabilità, sia in sede di merito che di legittimità.

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A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.

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