Le modifiche alla disciplina dei reati tributari: patteggiamento e sospensione condizionale della pena

La legge 14 settembre 2011 n. 148 di conversione in legge del d.l. 13 agosto 2011 n. 138 (entrata in vigore il 17 settembre 2011) ha modificato varie disposizioni contenute nel d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 sui reati tributari non solo abbassando le soglie di punibilità precedentemente previste, ma anche rendendo complessivamente più severe le regole in merito ai benefici per l’estinzione delle violazioni costituenti reato, alle possibilità di accedere al patteggiamento ed alla sospensione condizionale della pena.

Circostanze attenuati e patteggiamento

Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 74/2000 prima delle recenti modifiche le pene previste per il delitti tributari erano diminuite fino alla metà e non si applicavano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti fossero estinti mediante il pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie (adesione al p.v.c., adesione all’accertamento,conciliazione giudiziale, acquiescenza). Con le modifiche ora apportate l’estinzione del debito tributario determina una riduzione della pena non più fino alla metà ma solo fino ad un terzo, rendendo, sotto il profilo penale, meno conveniente pagare quanto contestato dal fisco.

Tuttavia, l’art. 2, comma 36-vicies, lett. m) d.l. n. 138/2011 ha introdotto nell’art. 13 del d.lgs. n. 74/2000 il comma 2-bis secondo cui “per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 codice procedura penale può essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2”. In sostanza il contribuente per potere beneficiare del patteggiamento deve ora:

  • estinguere ai fini fiscali il debito tributario costituente delitto anche ricorrendo alle procedure conciliative vigenti nell’ordinamento tributario. Al riguardo è opportuno precisare che la legge indica come presupposto l’estinzione anche agevolata del debito tributario con la conseguenza che, a tale fine non valgono, i pagamenti rateizzati;
  • corrispondere (anche nella misura ridotta prevista dalle varie procedure di adesione) le sanzioni tributarie nonostante per il principio di specialità di cui all’art. 19 d.lgs. n. 74/2000, queste potrebbero non trovare applicazione.

Inoltre va precisato che l’estinzione del debito tributario oltre a consentire al contribuente di accedere al patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e di ottenere la riduzione di pena prevista dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 consente allo stesso di evitare l’applicazione delle pene accessorie previste dall’art. 12 del d.lgs. n. 74/2000.

La possibilità di ottenere la riduzione di pena sopra indicata così come la possibilità di accedere al rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta di cui all’art. 444 c.p.p. può diventare di non facile realizzabilità in concreto così come autorevolmente sottolineato dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione III/13/2011 del 20 settembre 2011 sulla riforma dei reati tributari. Ciò in quanto è oramai sempre più frequente il ricorso da parte delle Procure della Repubblica di richiedere al GIP, nella fase delle indagini preliminari nei procedimenti per reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni del contribuente-indagato con la conseguente obiettiva impossibilità per lo stesso di disporre delle somme necessarie all’estinzione del debito tributario, che rappresenta il presupposto per usufruire della circostanza attenuante di cui all’art. 13 d.lgs. n. 74/2000 e quindi anche del patteggiamento.

La sospensione condizionale della pena

Il d.l. n. 138/2011 è intervenuto anche in merito alla applicazione della sospensione condizionale della pena in caso di condanna del contribuente per alcuni reati tributari.

In particolare il comma 2-bis dell’art. 12 del d.lgs. n. 74/2000, introdotto con la “manovra-bis” 2011, stabilisce ora che:”per i delitti previsti dagli art. da 2 a 10 del presente decreto l’istituto della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 163 c.p. non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d’affari;

b)    l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro”.

Si ricorda che la sospensione condizionale della pena rappresenta una ipotesi di estinzione del reato ed è disciplinata dall’art. 163 c.p. il quale prevede che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione. Se in tali termini il condannato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole e adempie agli obblighi impostigli il reato, ai sensi dell’art. 167 c.p., è estinto.

La nuova disposizione suscita alcune perplessità sia in relazione alla doppia condizione richiesta per la sua applicazione sia, in termini generali, in relazione all’esclusione in generale della concessione della condizionale al condannato.

In relazione all’operare congiunto delle due condizioni previste per l’esclusione della condizionale è opportuno considerare che il riferimento al volume d’affari può determinare conseguenze non del tutto ragionevoli. Si pensi al caso dell’evasore totale, o a quello della persona fisica che ha omesso di dichiarare redditi personali ma non è soggetto Iva, o ancora, alla cartiera che ha emesso fatture falese ma non ha presentato alcuna dichiarazione Iva. La nuova norma escluderebbe queste ipotesi con evidenti profili di irragionevolezza: l’omessa presentazione della dichiarazione Iva, ai fini della sospensione condizionale della pena, verrebbe trattata in maniera più favorevole dell’avvenuta presentazione di una dichiarazione ancorchè infedele.

Peraltro, appare evidente che la modifica della disciplina della sospensione condizionale della pena nei reati tributari sia stata finalizzata in concreto a realizzare evidenti finalità punitive. Una tale scelta determina uno snaturamento del fondamento dell’istituto della sospensione condizionale, che rappresenta una deviazione dalla concezione retributiva della pena, giacchè ad essa consegue non la sospensione della pronuncia di condanna ma la sospensione dell’esecuzione di una sentenza di condanna già pronunciata in rapporto ad una valutazione di prognosi favorevole basati sui criteri complessivi di cui all’art. 133 c.p..

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