L’assoluzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto commesso dal funzionario non comporta l’automatica esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente.

L’estinzione del reato presupposto, commesso dal funzionario, per intervenuta prescrizione produce l’effetto di impedire al Pubblico Ministero di contestare l’illecito amministrativo alla società ex D.Lgs. 231/2001, tranne qualora tale contestazione sia già stata effettuata, con conseguente applicazione delle norme sulla prescrizione di cui al Codice Civile.

Tale principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 20060 del 04 aprile 2013, depositata il 09 maggio 2013, che ha annullato la sentenza di assoluzione dal reato di aggiotaggio informativo emessa dal Tribunale di Milano il 18 aprile 2011.

Nel caso di specie il Pubblico Ministero di Milano proponeva ricorso immediato per Cassazione avverso la sentenza di assoluzione, emessa a favore di un istituto bancario, per l’illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. 231/2001: secondo il ricorrente, poiché il Tribunale di Milano aveva ritenuto sussistente il reato presupposto, non avrebbe dovuto assolvere la banca in quanto la responsabilità dell’ente ha una propria autonomia rispetto al reato presupposto, tanto che l’art. 8 della norma in esame prevede che tale responsabilità sussista anche qualora l’autore del reato non venga identificato.

La difesa dell’istituto bancario eccepiva, tra l’altro, che non è possibile procedere per l’illecito amministrativo quando il reato si estingue per prescrizione, come avvenuto nella fattispecie de qua.

Ed inoltre sosteneva che si può configurare una responsabilità in capo all’ente solo nel caso in cui sia individuato un soggetto che abbia commesso un reato completo di ogni elemento, oggettivo e soggettivo; secondo la tesi difensiva, poiché il reato presupposto nel caso in esame era doloso, non era possibile ritenerlo configurabile in mancanza di individuazione dell’autore materiale, con riferimento al quale deve essere valutata la sussistenza dell’elemento psicologico. 

La Cassazione respingeva tale tesi difensiva, evidenziando in primo luogo che l’art. 60 del D.Lgs. 231/2001 prevede che l’estinzione per prescrizione del reato impedisce all’accusa di procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo ma non di portare avanti un procedimento già incardinato; essendo applicabili le cause interruttive previste dal Codice Civile, la prescrizione era stata interrotta dall’atto con cui era iniziato il giudizio e non avrebbe ripreso a decorrere sino al passaggio in giudicato della sentenza di definizione del il procedimento penale.

In secondo luogo, la Suprema Corte analizzava il contenuto dell’art. 8 D.Lgs. 231/2001, sottolineando che “Il senso letterale della norma è chiarissimo nell’evidenziare non tanto l’autonomia delle due fattispecie (…) quanto piuttosto l’autonomia delle due condanne sotto il profilo processuale. Per la responsabilità amministrativa, cioè, è necessario che venga compiuto un reato da parte del soggetto riconducibile all’ente, ma non è anche necessario che tale reato venga accertato con individuazione e condanna del responsabile. La responsabilità penale presupposta può essere ritenuta incidenter tantum (ad esempio perché non si è potuto individuare il soggetto responsabile o perché questi non è imputabile) e ciò non ostante può essere sanzionata in via amministrativa la società”.

La Cassazione evidenziava inoltre che la circostanza della mancata identificazione della persona fisica che ha commesso il reato configura un fenomeno tipico nell’ambito della responsabilità di impresa ed anzi rientra tra le ipotesi in relazione alle quali è stata avvertita più fortemente, da parte del legislatore, l’esigenza di sancire la responsabilità degli enti.

La Suprema Corte, ritenendo che nel caso in esame si fosse configurata una violazione di legge consistente nell’automatica (ed immotivata) esclusione, da parte del Tribunale di Milano, della responsabilità amministrativa in capo all’istituto bancario in conseguenza dell’assoluzione del suo funzionario, accoglieva quindi il ricorso del Pubblico Ministero e rinviava il giudizio al giudice del merito affinché procedesse ad un esame in concreto degli elementi costitutivi dell’illecito contestato all’ente, concludendo di conseguenza ma con libertà di assolvere o meno l’istituto bancario.

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