La disciplina dettata dal D.L. n. 35/2005 (convertito dalla Legge n. 80/2005) in materia di accordo di ristrutturazione dei debiti, come successivamente modificata nel 2007, nel 2012 e nel 2015, èstata spesso al centro di serrate discussioni in ragione della risultante ibrida natura del cennato istituto.
L’emergente contrasto tra i tratti distintivi di indubbia matrice privatista di detto accordo e la sua necessaria sottoposizione al giudizio di omologazione del Tribunale sembrava essere stata risolta dalla prevalente dottrina, che – al riguardo – aveva ricondotto quest’ultimo ad un mero giudizio di merito attinente essenzialmente alle precondizioni di ammissibilitàe al processo di definizione dell’accordo.
In tale chiave prospettica, l’omologa del Tribunale, non entrando nel merito del contenuto degli accordi economici veri e propri, se non nei limiti indicati dalla legge, non era stata ritenuta idonea ad incidere sulla natura e sui contenuti dell’accordo, indissolubilmente vincolati aprerogative di natura prevalentemente privata.
Tale ultimo orientamento dottrinale, avvalorato nel tempo da una conforma interpretazione della giurisprudenza, sembra, tuttavia, essere stato messo in discussione dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16347 in data 21 giugno 2018, ha statuito come “l‘accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis legge fall. appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come èdato desumere dalla sua disciplina che presuppone, da un lato, forme di controllo e di pubblicitàsulla composizione negoziata (in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessitàdi omologazione) e, dall’altro, effetti protettivi (quali i meccanismi di protezione temporanea e l’esonero dalla revocabilitàdi atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione), tipici dei procedimenti concorsuali (cfr Cass. n. 1182-18, Cass. n. 1896-18).”.
La Suprema Corte, al riguardo, ha ulteriormente specificato che “il dato normativo nazionale conforta, dunque, l’evoluzione dell’istituto, sempre piùdelineato sul piano degli strumenti procedimentali di regolazione della crisi di impresa alternativi al fallimento, ed ècoerente con quanto desumibile dal diritto dell’Unione europea, oramai nettamente orientato a inscrivere a tutti gli effetti gli accordi di ristrutturazione tra le procedure concorsuali pubbliche (art. 1 del Regolamento (UE) 2015/848 sull’insolvenza transfrontaliera). Ciòin relazione alle caratteristiche della concorsualitàconsiderate all’uopo rilevanti. Invero l’art. 2 del Regolamento (UE) 2015/848 stabilisce che è“procedura concorsuale” quella “che comprende tutti o una parte significativa dei creditori di un debitore a condizione che, nel secondo caso, la procedura non pregiudichi i crediti dei creditori non interessati dalla procedura”.
In verità, la stessa Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 35786 in data 20 luglio 2017, aveva giàavuto modo di analizzare gli indirizzi fino a quel momento espressi dalla giurisprudenza di legittimità, nel tentativo di coglierne, in chiave interpretativa, i punti di contatto e risolvere la storica questione inerente alla regolazione dei rapporti tra l’accesso agli accordi di ristrutturazione del debito e la rilevanza penale delle condotte di mancato integrale pagamento proprio in ottemperanza ad accordi della specie.
Passando in rassegna le descritte prospettazioni, la Suprema Corte, nella richiamata pronuncia, ha indicato quale indirizzo maggioritario, quello secondo cui, “non violerebbe il principio di uguaglianza tra i creditori ove versi il tributo pur dopo la presentazione della domanda di concordato. In definitiva, all’iniziativa del debitore di accedere alla procedura di concordato preventivo, frutto di una scelta di natura privatistica, non consegue l’elisione di obblighi giuridici di natura pubblicistica, come il versamento dell’Iva alla scadenza di legge, la cui omissione èsanzionata penalmente. Il reato tributario, inoltre, ha natura istantanea e si consuma con l’inutile scadenza del termine per il versamento, cosìcome individuato dall’art. 10 ter d.lgs. 74/2000”.
La Corte di Cassazione era passata poi ad illustrare i tratti salienti del contrapposto indirizzo, seppure minoritario, secondo cui “il concordato preventivo, pur originandosi da un impulso del debitore (…) non èconfinato in un dispositivo privatistico, governato esclusivamente dalle parti (debitore e creditore) dei negozi coinvolti in quell’inadempimento complessivo che integra lo “stato di crisi”(articolo 160, primo comma, L. fall.) o addirittura “lo stato di insolvenza”(articolo 160, ultimo comma), bensìattinge alla soglia pubblicistica, si snoda in un percorso giurisdizionalnnente disegnato e vigilato, per ricevere infine una ratifica di quanto deliberato dai creditori sulla proposta del debitore da parte dell’organo giurisdizionale che non puòritenersi irrilevante ai fini delle conseguenze penali della condotta conforme al deliberato accordo (…)”.
Il Collegio ha, dunque, provato a dirimere la questione sostenendo che come il contrasto fosse piùapparente che reale, emergendo un sostanziale conflitto tra le due interpretazioni solo quando l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 ovvero della transazione fiscale di cui al successivo art. 182-terprevedano espressamente la dilazione del pagamento del debito tributario ad epoca successiva alla scadenza del termine previsto dagli artt. 10-bise 10-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, con la relativa omologa che interviene, a sua volta, prima di detta scadenza.
Secondo la Suprema Corte, solo in questo ultimo caso “l’omologazione dell’accordo determinerebbe la modifica di un elemento strutturale della fattispecie penale, quale conseguenza di un provvedimento giurisdizionale, tale da incidere sulla sussistenza del reato al momento della scadenza in esso prevista”.
Sul punto specifico, neanche la recentissima riforma èriuscita a risolvere la controversa questione.
Nello Schema di Decreto legislativo recante il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della Legge Delega 19 ottobre 2017, n. 155”, approvato lo scorso 10 gennaio dal Consiglio dei Ministri, l’art. 57, l’accordo di ristrutturazione del debito èinquadrato tra “gli strumenti stragiudiziali negoziali soggetti ad omologazione”.
In altri termini, ancora una volta, il Legislatore non avrebbe avuto cura di precisare se e in quale misura detto accordo possa travalicare una dimensione puramente negoziale, e questo tanto in relazione ai debitori rimasti esclusi dall’accordo quanto con riferimento alla regolazione dei sopra descritti fenomeni di sovrapposizione e interdipendenza della disciplina della crisi d’impresa rispetto ad altri rami dell’ordinamento.