Con la sentenza n.19739 del 13 novembre 2012 la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione ha chiarito che l’avviso di accertamento è nullo in caso in cui manchi la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, secondo quanto disposto dall’art.42, D.P.R. n.600/1973.
Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale di Palermo aveva rigettato l’appello proposto contro la sentenza n.33/01/2007 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo dall’Agenzia delle Entrate ed aveva così confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento per IRPEF-IRAP-IVA relative all’annualità 1996, in assenza di valida sottoscrizione da parte del funzionario, ai sensi del D.P.R. n.600 del 1973 art.42.
In particolare la Commissione Tributaria Regionale aveva motivato tale decisione considerando che la produzione nel grado d’appello della procura conferita dal direttore dell’ufficio al mero funzionario non producesse alcun effetto, dal momento che non era stata prodotta nel giudizio di primo grado, così come previsto dall’art. 345 c.p.c.
L’Agenzia ha ritenuto di proporre ricorso per Cassazione eccependo la violazione sia del D.P.R. n.600 del 1973, art.42 che la violazione del D.Lgs. n.546 del 1992, art. 58, in relazione all’art.360 c.p.c., comma 1, n.3.
Nello specifico, parte ricorrente contesta sia il fatto che il giudicante abbia ritenuto fondata l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, nonostante l’atto fosse stato sottoscritto “da parte di funzionario dell’area controllo dell’ufficio”, sottoscrizione apposta “per il direttore ed in virtù di apposita delega conferita dal direttore dell’Ufficio a detto funzionario, in riferimento dell’esercizio delle funzioni attribuite a quest’ultimo” e pertanto la nullità non si sarebbe potuta pronunciare invocando l’art. 42 del D.P.R. n.600 del 1973, in quanto sarebbe stato applicabile solo nel caso in cui l’avviso non avesse recato la sottoscrizione.
Secondariamente l’Agenzia delle Entrate contesta l’applicazione analogica al processo tributario dell’art.345 c.p.c., in quanto questa norma sarebbe stata derogata dalla speciale previsione dell’art. 58 del D.Lgs. n. 546 del 1992 che consente alle parti la produzione in appello dei documenti che abbiano mera funzione di supporto probatorio alle pretese già svolte nel processo di primo grado.
Nel caso in esame gli Ermellini hanno rigettato il ricorso proposto sulla scorta dei principi già sanciti in precedenza.
In particolare per quanto concerne il primo punto la giurisprudenza costate della Cassazione ha ritenuto infatti che: “l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art.42 commi 1 e 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva addetto a detto ufficio da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, per il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, fermi i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20 comma 1 lett. a) sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento; lett. b) reggenza dell’ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare; richiamato dalla Amministrazione resistente, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio, onde, in caso di contestazione incombe all’Amministrazione dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega” (vedasi in tale senso Cass. Civ., sez. V, sentenza n. 14626 del 10 novembre 2000; Cass. Civ., sez. V, sentenza n.14195 del 27 ottobre 2000).
In relazione invece al secondo motivo del ricorso la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio già sancito in precedenza dalla stessa Suprema Corte con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n.40 del 2006. Nello specifico : “l’integrazione del requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente la valutazione da parte del giudice di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n.4 dell’art. 369 c.p.c., comma 2, che sanzionava con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondati il ricorso, producibili, in quanto prodotti nelle fasi di merito, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. comma 1” (vedasi Cass. Civ., Sez.3, n.12239 del 25 maggio 2007)