Il rafforzamento dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, imposto dall’agenda europea, ha costretto il legislatore nazionale all’adozione di una serie di provvedimenti, adottati con la tecnica del Decreto Legge d’urgenza piuttosto che con D.M. a cura del Dicastero competente, che introducono una serie di adempimenti ed obblighi per gli operatori petroliferi, non sempre consonanti con le prassi e le metodologie di tecnico sviluppo delle attività del settore.
Partendo dagli obblighi di biomiscelazione introdotti dal D.M. 10 ottobre 2014, secondo la disciplina specificata dal Decreto Interministeriale 2 marzo 2018, numerose sono le problematiche che i soggetti obbligati si sono trovati ad affrontare nel 2021, e la situazione non sembra migliore nel corrente anno.
Medesimo stato di impasse si registra in materia di obblighi per la progressiva riduzione dell’emissione di gas serra, introdotti dal d.Lgs. 66/2005 e resi pienamente operativi solo a decorrere dal 2021.
Rifuggendo specifiche stigmatizzazioni alla non sempre chiara previsione normativa, fattore spesso accompagnato da un non sempre coerente collegamento con le prescrizioni ministeriali, basti osservare come la tecnica del rimando alle previsioni del Testo Unico Accise, se da un lato ha risparmiato interventi di re-looking quotidiani (tenendo conto del fermento che anima la specifica materia), dall’altro ha esposto il quadro normativo e regolamentare a letture interpretative caratterizzate da ineludibili elementi controversi.
Tra le questioni di maggior rilievo, ricordiamo la precisa individuazione dei soggetti obbligati, criticità acuita dal disallineamento temporale delle norme in tema di bio-sostenibilità rispetto ad una normativa, quella di cui al d.Lgs. 504/95, che nell’ultimo quinquennio ha visto affacciarsi le figure del “destinatario registrato” e del “trader” autorizzato ad operare presso depositi di terzi, prima non contemplate e difficilmente inquadrabili nella ratio legis che anima le previsioni in tema di biomiscelazione e di sostegno all’accesso a fonti rinnovabili.
Un’emblematica casistica è rappresentata dagli obblighi di riduzione dell’emissione dei gas serra, allo stato – secondo la lettera del richiamato d.Lgs. 66/2005 – attribuiti ai soggetti che, provvedono all’immissione in consumo del prodotto ai sensi del TUA e, quindi, a coloro che si occupano dell’assolvimento del connesso obbligo di pagamento dell’accisa.
Se il momento di esigibilità dell’imposta, da cui dipenderebbe anche l’obbligo in tema di gas serra, non appariva circostanza controvertibile sino a qualche tempo fa, le novità introdotte dalla Legge di Bilancio del 2018 hanno sicuramente ampliato il novero delle possibili legittime interpretazioni, costituendone prova il crescente lavoro dell’Agenzia delle Entrate a riscontro delle sempre più numerose istanze di interpello, che chiamano l’Amministrazione Finanziaria, anche in ragione dell’intuibile rilevanza economica degli interessi in gioco, ad un’interpretazione vincolante, a fronte di fattispecie sempre più frastagliate.
Se così è, gli obblighi funzionali alla transizione ecologica non potranno ancora a lungo sfuggire a sistemi di interlocuzione preventiva con la P.A., che allo stato non possono sicuramente ritenersi integrati da contraddittori stimolati da accertamenti e contestazioni già elevati, ovvero relegati ad interlocuzioni con le Associazioni di categoria.