Con la risposta ad interpello n. 310 del 24 luglio 2019, l’Agenzia delle Entrate è ritornata sul tema della territorialità nella disciplina dettata in materia di imposta sulle donazioni, affermando che “rilevano ai fini dell’imposta sulle donazioni e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso anche gli atti formati all’estero aventi ad oggetto beni diversi da immobili ed aziende esistenti nel territorio dello Stato, sempreché il donante sia residente nello Stato (articolo 2, comma 1, del TUS) ovvero, nel caso in cui il donante non sia residente, quando i beni siano esistenti nel territorio dello Stato (articolo 2, commi 2 e 3, del TUS)”.
L’articolo 2 del D.Lgs. 346/1990, noto come Testo Unico sulle Successioni e Donazioni (di seguito TUS), disciplina la territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni, disponendo, al comma 1, che “l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e i diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero”. Tale previsione determina, quindi, il c.d. “principio di imposizione globale”, sancendo che – qualora il donante sia residente in Italia, come implicitamente sottinteso dalla norma – la donazione sia soggetta ad imposta indipendentemente dalla localizzazione dei beni e/o diritti oggetto della stessa.
Di contro, il successivo comma 2 stabilisce che nel caso in cui il donante non sia residente in Italia, l’imposta è “dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”, dovendosi fare riferimento, per l’individuazione di tale requisito in relazione a specifiche categorie di beni (quali, per esempio, beni e diritti iscritti in pubblici registri, azioni, quote, obbligazioni e crediti), al comma 3, che introduce una vera e propria “presunzione di esistenza” nel territorio nazionale.
Tuttavia, al di fuori dei beni oggetto della presunzione, la nozione di “bene esistente nel territorio dello Stato” non è sempre di facile interpretazione, specie con riferimento a beni immateriali, con evidenti possibilità di conflitto con legislazioni straniere e connesse problematiche di astratta doppia imposizione.
La norma non chiarisce quale nozione di residenza debba essere considerata al fine di applicare correttamente la disciplina dalla stessa prevista, ovvero se sia necessario far riferimento a quella enunciata dall’articolo 2, comma 2, del Tuir, il quale afferma che “si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile” oppure a quella civilistica, in base a cui “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale” (articolo 43, comma 2, c.c.).
La giurisprudenza è intervenuta sul tema, affermando che il concetto di residenza debba essere interpretato in maniera univoca ai fini Iva, delle imposte dirette e dell’imposta di successione e, dunque, di donazione (Cassazione, sez. trib., n. 13579/2007), propendendo così per la prima interpretazione.
L’articolo 55 del TUS, rubricato “Registrazione degli atti di donazione”, rimanda, con riferimento alle modalità di applicazione dell’imposta di donazione, alle disposizioni del Testo Unico sull’Imposta di Registro (D.P.R. 131/1986). Tuttavia, dal momento che l’applicazione di tale previsione avrebbe determinato, di per sé, la sottrazione a tassazione degli atti di donazione stipulati all’estero non aventi ad oggetto immobili o aziende siti nel territorio nazionale – i quali, in base all’articolo 11 della Tariffa, Parte Seconda, allegata al D.P.R. 131/1986, sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso -, il legislatore, al fine di eliminare tale vuoto normativo, è intervenuto, per mezzo della L. 342/2000, aggiungendo all’articolo 55 TUS il comma 1-bis, il quale afferma che “sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato”.
Avendo tale legge utilizzato un differente criterio di collegamento nella determinazione della territorialità dell’imposta di donazione, basato sulla residenza del beneficiario, poteva sembrare a prima vista che se il beneficiario fosse stato residente in Italia, l’arricchimento derivante dalla donazione sarebbe stato sempre imponibile, indipendentemente dal luogo di residenza del donante e da quello di stipula dell’atto. Tuttavia, è molto probabile che con tale intervento normativo il legislatore non intendesse modificare radicalmente l’articolo 2 del TUS, bensì semplicemente specificare la portata del criterio di collegamento territoriale già esistente, considerando rilevante ai fini dell’imposizione anche il luogo di stipula dell’atto.
Di conseguenza, dal combinato disposto degli articoli 2 e 55, comma 1-bis, del TUS, è possibile evincere che in caso di donazione stipulata all’estero di beni ivi situati, a beneficio di un soggetto residente in Italia, tale atto sia soggetto a registrazione e dunque ad imposta solo qualora il donante sia residente in Italia (si vedano, in senso conforme, CTR Marche n. 594/3/2016 e CTR Liguria n. 575/2016).