Sulla scorta di un contrastato indirizzo giurisprudenziale, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 23/E del 20 luglio 2020 è intervenuta per chiarire la portata applicativa delle plusvalenze da cessione di “fabbricati da demolire”.
Partendo dall’analisi del disposto di cui all’art. 67 TUIR, l’Amministrazione Finanziaria sottolineato come la specifica fattispecie di tassazione di redditi diversi contempli due distinte ipotesi.
La ratio sottesa alla prima si risolve nella tassazione delle marginalità derivanti dalla compravendita di immobili, da qui la circostanza che individua quale condizione per l’imponibilità della plusvalenza l’intervenuta cessione dell’immobile ientro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione del cespite, salvo particolari eccezioni (ovvero con esclusione dei beni acquisiti per successione e delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono adibite ad abitazione principale del cedente e dei suoi familiari).
Nella seconda ipotesi (cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria) l’imponibilità della plusvalenza non soggiace a condizioni e si 4 ricollega al semplice intervento della destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni ceduti.
Traendo le mosse dai più recenti approdi della Corte di Cassazione, in particolare dalle statuizioni fissate con la sentenza n. 5088 del 21 febbraio 2019, l’Agenzia delle Entrate ha correttamente stabilito che “per l’individuazione del corretto trattamento fiscale applicabile ad una cessione immobiliare, assume preminente rilievo stabilire se oggetto della compravendita sia un fabbricato oppure un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”.
Proprio la giurisprudenza di legittimità, con la recentissima Sentenza n. 5174/2022 la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus.
Nella richiamata pronuncia, la Corte di Cassazione ha inoltre precisato che “la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste”, così come “la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile”, fissando in materia il limite del potere generale dell’amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa, limitato nel caso di cessione di edifici da demolire, in ragione della chiara scelta del Legislatore, in adesione ai limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost., che ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale.