Riaffiora all’attenzione delle Corti di Giustizia Tributarie la spinosa tematica della presunzione di ripartizione degli utili occulti ai soci, in presenza di una rideterminazione del reddito d’impresa operata nei confronti di una società a ristretta base familiare.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di specificare che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristrettissima base familiare, pur non sussistendo – a differenza delle società di persone – una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, non può considerarsi illogica – tenuto conto della “complicità”, che normalmente avvince un gruppo così composto – la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci. (In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva negato – in astratto – la possibilità di far ricorso alla prova presuntiva in un caso di società a responsabilità limitata con ristretta base familiare)“.
Traendo le mosse dal principio di diritto sancito dalla Suprema Corte è importante, tuttavia, chiarire il perimetro di applicazione della presunzione in argomento e i livelli di compatibilità rispetto agli altri criteri indittivi, utilizzati proprio per ricostruire il reddito di matrice societaria, contestato come sottratto a tassazione.
Sul punto, va osservato che è riconosciuta al socio la possibilità di prova contraria del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente la mera deduzione del profilo per cui l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili.
Con la recente sentenza n. 2245/2021, la CTR Milano – Lombardia (oggi Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) ha statuito che “in materia di imposte sui redditi, nelle ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la priva contraria”. La sentenza in esame ha, comunque, chiarito che affinché tale presunzione possa operare occorre, pur sempre, sia che sia dimostrata la ristretta base sociale e/o familiare – cioè il fatto noto alla base della presunzione abbia formato oggetto di specifico accertamento probatorio – sia che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, li quale costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividen