La Corte di Cassazione torna di nuovo a occuparsi della questione relativa alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione revocatoria nel caso di costituzione di un fondo patrimoniale.
Nella fattispecie in esame, due coniugi in data 20.04.1999 avevano costituito un fondo patrimoniale con atto notarile, conferendo nel medesimo il diritto di usufrutto spettante su alcuni beni immobili e terreni, che veniva annotato a margine dell’atto di matrimonio solamente il successivo 1.10.2003.
In data 22.09.2003 il marito si accollava debiti per euro 2.500.000.
Sennonché in seguito la Banca conveniva in giudizio i due coniugi per ottenere la condanna degli stessi al pagamento della somma summenzionata e per la revoca dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, poiché tale atto aveva consentito di sottrarre parte dei beni di proprietà dei convenuti che dovevano viceversa garantire il creditore dall’adempimento dell’accollo.
Il giudice di prime cure accoglieva la domanda di condanna della Banca nei confronti del solo marito e dichiarava l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale.
La Corte di Appello territorialmente competente rigettava l’impugnazione, affermando che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato in data 20.04.1999 era divenuto effettivamente opponibile ai terzi soltanto in seguito all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio avvenuta in data 1.10.2003.
Ne conseguiva che la costituzione del fondo patrimoniale era da ritenersi posteriore rispetto al sorgere del credito, in quanto solo con l’assunzione del debito l’atto era divenuto opponibile ai terzi. La Corte precisava, altresì, che la data rilevante, ai fini della valutazione delle condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria, fosse quella in cui l’atto di costituzione del fondo patrimoniale era stata annotata a margine dell’atto di matrimonio.
La Suprema Corte, con sentenza n. 5889 depositata in data 24.03.2016 rigettava il ricorso proposto dai coniugi e li condannava al pagamento delle spese di lite, aderendo alla tesi della Corte di merito in ordine alla prescrizione dell’azione revocatoria del fondo patrimoniale.
Secondo quanto statuito dal giudice di legittimità, che ha ripreso un principio giurisprudenziale già consolidato dalle stesse Sezioni Unite, il fondo patrimoniale deve essere considerato una convenzione matrimoniale e, pertanto, la costituzione del medesimo è soggetta alle disposizioni previste dall’art. 162, comma 4, c.c., che ne “condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio” (Corte Cass. n. 21658/09).
Viceversa, la trascrizione dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale nei pubblici registri immobiliari, ai sensi dell’art. 2647 c.c., “resta degradata a mera pubblicità-notizia, inidonea a sopperire al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo” (Cass. Civ. n. 27854/13).
Ne consegue che il termine di prescrizione previsto dall’art. 2903 c.c. “in cinque anni dalla data dell’atto” debba essere interpretato, secondo la giurisprudenza consolidata, nel senso che decorre dal giorno della pubblicità a terzi dell’atto. Tale momento va individuato nella annotazione a margine dell’atto di matrimonio, che è il giorno in cui l’atto divenuta opponibile ai terzi, circostanza non avvenuta nel caso oggetto di esame.