La disciplina fiscale del rapporto tra calciatore e procuratore

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, ripresa dai media nazionali, ha riproposto l’annosa questione del corretto trattamento fiscale delle somme percepite dal procuratore sportivo per le prestazioni di servizio rese a favore dell’atleta.

Nella vicenda, che ha coinvolto un noto calciatore professionista, titolare della nazionale italiana, la Suprema Corte ha definitivamente ritenuto responsabile l’atleta del mancato pagamento delle ritenute IRPEF a beneficio del proprio procuratore che, nell’ambito di un’operazione di trasferimento del calciatore tra due Società Sportive della Serie A, risultava aver espletato un doppio mandato, di fatto agendo anche a beneficio del Società Sportiva cedente.

Il compenso corrisposto dalla Società al Procuratore, secondo univoca lettura di numerose Commissioni Tributarie, è stato spesso riqualificato come “fringe benefits” a favore del calciatore, in tutte le circostanze in cui l’avviso di accertamento dell’Ufficio avesse provato, anche a fronte di un pagamento diretto assistito da regolare fatturazione tra il Club e il procuratore sportivo, l’anteriorità del rapporto tra detto procuratore e l’atleta.

Sul punto la CTP Bergamo, nella sentenza n. 225/2019, è arrivata a stabilire che, se ricorre la circostanza secondo cui risulta provato che il procuratore sportivo abbia agito esclusivamente nell’interesse del calciatore e non anche in quello della società “il pagamento in suo favore effettuato da quest’ultima, altro non è stato che un fringe benefit per il calciatore, solo in tal modo potendosi spiegare il fatto che nessun compenso sia mai stato richiesto da (…) per l’attività in suo favore prestata”.

La questione del trattamento fiscale del compenso destinato al procuratore sportivo ha invero una lunga e controversa storia di applicazione, non solo – come nella sentenza sopra indicata – ai fini dell’imposizione diretta, ma anche e soprattutto ai fini della disciplina IVA.

Con la Sentenza n. 28285/2013, la suprema Corte aveva fissato una pietra miliare nell’interpretazione del trattamento IVA delle somme corrisposte dall’atleta al proprio procuratore, statuendo che “il mandato senza rappresentanza riceve ai fini Iva una particolare disciplina, che si traduce nel riconoscimento di autonoma rilevanza dei passaggi di servizi tra il mandatario ed il mandante rispetto a quelli tra il mandatario ed i terzi: i rapporti per quel che concerne l’iva perdono la loro neutralità, assurgendo ad autonomi presupposti per l’applicazione del tributo”.

Sulla scorta di tale assunto, la Corte di Cassazione aveva già chiarito che, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, concorrono a formare la base imponibile le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte da un mandatario senza rappresentanza (nella specie, un procuratore sportivo) nell’interesse della controparte, ma in nome proprio.

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