La Corte di Giustizia Europea e la pianificazione fiscale aggressiva

La tematica inerente al perimetro di legittimità di una pianificazione fiscale aggressiva ad opera di un operatore economico comunitario impatta, da sempre, con la più generale valutazione delle politiche fiscali degli Stati membri e dell’esistenza di sistemi che possano, anche solo astrattamente, legittimare policies della specie.

Da ciò deriva che la questione è spesso al centro di pronunce della Corte di Giustizia Europea che, al riguardo, ha avuto modo di precisare come la qualificazione di una misura fiscale come “selettiva” presuppone, in un primo tempo, l’individuazione del regime fiscale comune o “normale” applicabile nello Stato membro interessato, e, in un secondo tempo, la dimostrazione che la misura fiscale considerata vi deroga, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da detto regime comune, in una situazione fattuale e giuridica comparabile.

Secondo la CGUE assume vitale importanza, ai fini della valutazione della selettività o meno della misura, il contesto giuridico di riferimento, il quale non deve essere necessariamente definito entro i limiti del territorio dello Stato membro interessato, ma può essere quello del territorio nel quale un’autorità regionale o locale esercita la competenza che le deriva dalla costituzione o dalla legge.

Secondo i Giudici di Lussemburgo quanto sopra avviene quando tale entità sia dotata di uno statuto di diritto e di fatto che la renda sufficientemente autonoma rispetto al governo centrale di uno Stato membro affinché, grazie alle misure adottate, sia detta entità, e non il governo centrale, a rivestire un ruolo fondamentale nella definizione dell’ambiente politico ed economico in cui operano le imprese.

Come chiarito nella pronuncia n. 236/2018, non costituisce tuttavia un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, una misura che introduce una differenziazione tra imprese che si trovano, in relazione all’obiettivo perseguito dal regime giuridico di cui trattasi, in una situazione fattuale e giuridica comparabile e, pertanto, a priori selettiva, qualora lo Stato membro interessato possa dimostrare che tale differenziazione è giustificata allorché risulta dalla natura o dalla struttura del sistema nel quale si inserisce.

Nel caso specifico, secondo la Corte “non si può ritenere che l’esenzione fiscale di cui beneficiano gli stabilimenti commerciali situati nel territorio della Comunità autonoma di Aragona la cui superficie di vendita è inferiore a 500 m² e quelli la cui superficie di vendita è superiore a tale soglia ma la cui base imponibile non supera i 2 000 m² conferisca un vantaggio selettivo a tali stabilimenti e, quindi, essa non può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.”

In altri termini, una misura in deroga rispetto all’applicazione del sistema fiscale generale può essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario proprio dello Stato membro interessato, a condizione che esso possa dimostrare che la misura interessata discende dai principi cardine del relativo sistema tributario.

In proposito va operata una distinzione fra, da un lato, gli obiettivi che persegue un determinato regime fiscale e che sono ad esso esterni e, dall’altro, i meccanismi inerenti al sistema tributario stesso, necessari per il raggiungimento di tali obiettivi.

La problematica attiene, invero, alla più generale questione della mancata armonizzazione dei regimi fiscali degli Stati Membri, evenienza che, in molti casi, mitiga, fino quasi a svilirlo, il principio di libertà di stabilimento di cui al TFUE.

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