La Cassazione torna ad esprimersi in materia di tassazione del trust

Il tema della tassazione indiretta del trust è ancora oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità.

Nella recentissima sentenza n. 975 del 17.01.2018 la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi in relazione all’applicazione dell’imposta di registro agli atti di conferimento in trust (stipulati prima della reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni), affermando il principio secondo cui poiché il trasferimento dei beni in trust non ha natura onerosa, non deve essere assoggettato a imposta di registro e alle imposte ipocatastali in misura proporzionale ma in misura fissa.

Nella fattispecie in commento il trustee di un trust autodichiarato ed il guardiano dello stesso trust avevano impugnato l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta suppletiva di registro, ipotecaria e catastale, emesso dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’atto di conferimento di un fabbricato.

Il ricorso era stato accolto in primo grado ma la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva riformato la sentenza rilevando che “si è in presenza di un trasferimento di proprietà non sottoposto ad alcun obbligo di amministrazione, corretta gestione e restituzione in un tempo prefissato”, per cui “mancano… tutti gli elementi per l’individuazione di un negozio fiduciario che è proprio della nozione di trust”; di conseguenza, secondo la Commissione, “va quindi applicato all’atto di trasferimento in esame l’articolo 9 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, che tassa nella misura proporzionale del 3% siffatta tipologia di negozi”.

Il disponente ed il guardiano del trust hanno quindi proposto ricorso per Cassazione eccependo che l’atto di trasferimento degli immobili era stato stipulato in esecuzione dello scopo del trust e che si trattava di un negozio giuridico sussumibile nella fattispecie prevista dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, ratificata dalla L. 16 ottobre 1989, n. 364, l’unica applicabile non esistendo all’epoca una disciplina nazionale dell’istituto (l’imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione è stata introdotta dal D.L. n. 262 del 2006, articolo 2, comma 47).

Pertanto, secondo la tesi difensiva dei contribuenti, il regime di tassazione dell’atto non poteva essere quello dell’imposta proporzionale di cui all’articolo 1 (atti traslativi a titolo oneroso), articolo 9 (atti diversi, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale) e articolo 3 (atti di natura dichiarativa) della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, ma quello della categoria residuale, disciplinata dall’articolo 11 della tariffa stessa, con conseguente applicabilità, nella specie, dell’imposta nella misura fissa.

Inoltre, nell’atto istitutivo del trust erano specificati sia i beneficiari, sia le quote a ciascuno di essi spettanti, disciplinando anche il caso di loro mancanza o premorienza, nonché il momento di inizio della distribuzione dei beni, per cui sarebbe stata una forzatura anticipare l’imposizione fiscale al momento del trasferimento del bene al trustee, dovendo viceversa farsi riferimento al rapporto tra disponente e beneficiario, al momento cioè dell’attribuzione dei beni ai beneficiari, perché è in quel momento che il trasferimento dei beni medesimi, indice dalla capacità contributiva, diviene effettivo e definitivo.

L’Agenzia delle Entrate, invece, ha ribadito la propria teoria secondo cui il passaggio di proprietà dei beni o diritti dal settlor al trustee configurerebbe un vero e proprio atto dispositivo a contenuto patrimoniale, carattere che non è escluso dalla mancanza del requisito della onerosità e che giustifica la pretesa impositiva, trovando applicazione l’imposta di registro in misura proporzionale, sulla base delle aliquote stabilite per i singoli beni trasferiti.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, confermando l’orientamento già espresso nella sentenza n. 21614 del 24.10.2016 con cui aveva affermato che il presupposto impositivo (in quel caso si trattava delle imposte ipotecarie e catastali richieste in misura proporzionale) risulta integrato solo nel momento in cui si verifica l’effettivo arricchimento dei beneficiari, ossia allorché avviene l’attribuzione a questi ultimi dei beni detenuti nel trust.

Secondo la Cassazione, l’articolo 9 della tariffa, parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, rappresenterebbe una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti, diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché onerose; poiché nel caso in esame il trasferimento dell’immobile non era avvenuto a titolo oneroso, andava applicata l’imposta di registro (e le imposte ipocatastali) nella misura fissa.

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