Istanza di correzione per errore in caso di mancata distrazione delle spese di lite all’avvocato

Con la sentenza n. 10313 del 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione ha stabilito l’inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dalla parte avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma in quanto quest’ultima, accogliendo l’appello incidentale proposto dalla parte e condannando controparte alla refusione delle spese di lite,  non ha operato la distrazione in favore del difensore dell’appellante.

Nel caso in esame la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto in merito alla mancata distrazione delle spese di lite in favore del difensore dell’appellante in quanto secondo la Corte  il rimedio esperibile sarebbe costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali previsti dagli artt. 287  e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma.

La sentenza in commento ha richiamato quanto già affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n.16037 del 07 luglio 2010.

In questo caso la prima sezione civile con ordinanza del 2 marzo 2010 n.5007, rilevando la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine al rimedio da utilizzare in ordine alla mancata distrazione delle spese avanzata dal difensore, ha ritenuto opportuno rimettere la questione al Presidente che l’ha assegnata alle Sezioni Unite .

Al riguardo si evidenzia che nel nostro ordinamento la distrazione delle spese è disciplinata dall’articolo 93 comma 2, c.p.c., che dispone che il difensore può chiedere  al giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese la controparte, la distrazione in suo favore degli onorari non riscossi e delle spese che quest’ultimo ha dichiarato di avere anticipato; alcuna indicazione è fornita sul rimedio di tutela processuale azionabile nel caso di mancata pronuncia su tale istanza.

Un precedente orientamento maggioritario aveva risolto questo dilemma sostenendo che il giudice  designato si dovesse pronunciare su tutta la domanda  e non oltre, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e che il difensore interessato avrebbe dovuto  procedere con l’ordinario rimedio del ricorso per cassazione, poiché l’accoglimento dell’istanza non è fatto automatico, ma richiederebbe di accertare la sussistenza del requisito dell’anticipazione da parte del difensore.

Infatti al difensore è attribuita una posizione giuridica soggettiva, autonoma e distinta da quella del suo assistito, limitatamente a questo aspetto e proprio questo giustificherebbe la proposizione delle impugnazioni ordinarie da parte del medesimo.

La recente giurisprudenza ha ritenuto necessario trovare degli ulteriori strumenti di garanzia meno dispendiosi del ricorso al giudice di legittimità e pertanto, nel caso di omessa disposizione di distrazione da parte del giudice delle spese liquidate in favore del procuratore secondo il recente orientamento quest’ultimo deve necessariamente procedere instaurando il procedimento di correzione degli errori  materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., atteso che la necessità deriva dal porre rimedio ad un errore solo formale, estraneo alla decisione, in quanto determinato da una divergenza evidentemente e facilmente individuabile, che lascia immutata la conclusione adottata (sul punto vedasi Cass. Civ 18 giugno 2010, n.14831).

Le Sezioni Unite hanno risolto tale contrasto aderendo all’orientamento  più recente, ossia quello di trovare nel procedimento di correzione degli errore materiali  il rimedio  alla mancata distrazione delle spese in favore del difensore, considerandolo: “ il più idoneo a salvaguardare l’effettività del principio di garanzia della durata ragionevole del processo(come previsto dall’art.111  cost., comma 2), che secondo la giurisprudenza di legittimità impone  di evitare comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, traducendosi in un inutile  dispendio di attività processuali non giustificate, in particolare, né dal rispetto effettivo del contraddittorio (art.101 c.p.c.), né da effettive garanzie di difesa (art.24 cost.); garantisce con maggiore celerità il soddisfacimento dello scopo di far ottenere al difensore distratta rio un titolo esecutivo immediato per agire  nei riguardi della controparte soccombente…, può trovare applicazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., anche con riguardo alle sentenze rese dalla Corte di Cassazione, incorse in identica omissione, e tuttavia non impugnabili”.

La decisione salvaguarda quindi la ragionevole durata  dei processi e l’ottenimento più celere di un titolo esecutivo da parte dell’avvocato.

 

Articoli Recenti

L’obbligo degli Uffici di dare esecuzione alle sentenze tributarie

A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.

Leggi articolo
error: Il sito è protetto da copyright!