Il socio illimitatamente responsabile può opporre il beneficium excussionis già nel giudizio tributario e non solo nella fase dell’esecuzione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 28709 depositata il 16 dicembre 2020 hanno definitivamente chiarito che il socio di una società di persone illimitatamente responsabile per i debiti di natura fiscale della società può opporre il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale anche nel giudizio avente per oggetto l’impugnazione della cartella a lui notificata. Le Sezioni Unite si sono espresse nel senso dell’ammissibilità dell’eccezione, considerando che la cartella di pagamento è un atto prodromico a un procedimento esecutivo avente per oggetto un credito tributario e, come tale, rientrante nella giurisdizione tributaria ex art. 19 d.lgs. n. 546/92.

La sentenza delle Sezioni Unite ha risolto un annoso contrasto interpretativo sorto in seno alla Sezione tributaria della Cassazione riguardante la possibilità di notificare al socio illimitatamente responsabile una cartella di pagamento relativa ad un ruolo intestato alla società, prescindendo dal beneficium excussionis.

Secondo un primo orientamento, rimasto a lungo costante, l’Ufficio sarebbe legittimato a notificare al socio la cartella di pagamento a prescindere dalla preventiva escussione del patrimonio della società, in quanto il mancato rispetto del beneficium excussionis sarebbe opponibile solo in sede di esecuzione. Infatti, secondo tale indirizzo il suddetto beneficio non integrerebbe né un requisito di legittimità del ruolo e neppure della cartella di pagamento, la quale avrebbe la funzione di consentire all’agente della riscossione di precostituire un titolo da fare valere nei confronti del socio, in caso di incapienza del patrimonio sociale. Tale orientamento comportava, tuttavia, una inevitabile lesione del diritto di difesa, in quanto il socio avrebbe potuto conoscere la pretesa fiscale a lui rivolta solo poco prima dell’avvio dell’esecuzione forzata. Per superare queste difficoltà, si è sviluppato in giurisprudenza un secondo orientamento secondo cui il beneficium excussionis impedirebbe all’Ufficio di emettere la cartella di pagamento a carico del socio, se non previa infruttuosa esecuzione del patrimonio sociale; conseguentemente il socio che abbia ricevuto una cartella di pagamento prima di tale escussione, sarebbe legittimato impugnarla innanzi al giudice tributario per fare valere la violazione del beneficio della preventiva escussione e domandarne, per ciò solo, l’annullamento.

Le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto interpretativo, hanno affermato che rinviare la facoltà di opporre il beneficium excussionis al processo di opposizione all’esecuzione tributaria comporterebbe “un vistoso vuoto di tutela per il coobbligato che sarebbe costretto ad aspettare il pignoramento, per natura invasivo della sua sfera giuridica (…) oppure sperare che gli sia notificata l’intimazione ad adempiere, la quale è soltanto eventuale”. Conseguentemente hanno stabilito che il socio destinatario di una cartella di pagamento, emessa sulla base di un’iscrizione a ruolo a carico della società, può fare valere la violazione del beneficium excussionis già in sede di impugnazione della cartella di pagamento o di impugnazione del c.d. avviso di accertamento immediatamente esecutivo.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, inoltre, chiarito che l’eccezione del beneficium excussionis è in grado di inficiare la legittimità della cartella di pagamento notificata al socio e avente per oggetto un debito tributario della società solo se è dimostrata la capienza totale o parziale del patrimonio della società. A tale fine l’onere probatorio è diversamente ripartito  a seconda che si tratti di società semplici, società irregolari, di società in nome collettivo, di società in accomandita semplice o di società in accomandita per azioni: in ipotesi di società semplici o irregolari, spetta al socio provare la capacità della società di soddisfare i propri debiti; diversamente in caso di s.n.c., di s.a.s. o di s.a.p.a., spetta al creditore fornire la prova dell’insufficienza del patrimonio della società, salvo che risulti aliunde dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito (ad esempio in caso di cancellazione).

La Corte di Cassazione, precisato quanto sopra in ordine all’onere della prova, non chiarisce, tuttavia, se la prova dell’incapienza patrimoniale della società debitrice gravante sull’Ufficio debba essere resa sin dalla emissione della cartella di pagamento (o dell’avviso di accertamento esecutivo), ovvero se possa essere fornita anche in sede giudiziale. Al riguardo, se si applicano i principi generali in materia di motivazione e prova, si dovrebbe sostenere che, in caso di emissione di avviso di accertamento, non sia necessario fornire prova dell’incapienza del patrimonio sociale, non trattandosi di elemento fondante la pretesa. Nel caso, invece, di cartella di pagamento notificata al socio dovrebbe essere fornita già nell’atto la prova dell’incapacità patrimoniale della società, dal momento che è su tale elemento che si fonda l’invocata responsabilità sussidiaria del socio destinatario della cartella di pagamento. Solo in questo modo potrà essere garantita al socio la facoltà non solo di dedurre eventuali vizi afferenti alla pretesa fiscale, ma anche di eccepire il mancato rispetto del beneficium excussionis senza esporsi al rischio di dovere differire tale eccezione al momento in cui egli abbia ricevuto atti esecutivi che potrebbero essere di per sé pregiudizievoli.           

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