La figura dell’assuntore nell’ambito di una procedura di concordato preventivo risulta, da sempre, foriera di numerosi dubbi interpretativi, che hanno spesso determinato la necessità di uno specifico indirizzo ermeneutico ad opera della Suprema Corte di Cassazione.
Affrontando una delle più ricorrente e controverse questioni, la Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 15553 di maggio 2022, ha chiarito che l’obbligazione del garante di un concordato preventivo viene ad esistenza solo in quanto, e a partire dal momento in cui, la proposta concordataria sia approvata dai creditori, garantiti dal suddetto impegno dell’assuntore, ma solo a condizione che il concordato sia poi omologato.
La garanzia offerta dall’assuntore del concordato preventivo, secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, può essere qualificata come prestata a beneficio dei creditori e idonea ad ingenerare un rapporto obbligatorio tra il garante e questi ultimi, i quali possono – in maniera avulsa dall’azione c.d. di massa – far valere singolarmente i propri diritti creditori.
La Suprema Corte, d’altra parte, in altro giudizio, deciso con sentenza n. 4696 lo scorso febbraio, sempre con riferimento alla figura dell’assuntore, aveva avuto modo di precisare se e in quale misura esso fosse esposto a istanze di fallimento per il caso di risoluzione del relativo concordato.
Districandosi nella lettura chiarificatrice delle riformate norme che oggi prevedono un nuovo rapporto tra risoluzione del concordato preventivo e fallimento, la Corte di Cassazione, ammettendo che dall’inadempimento dell’accordo di concordato derivi la possibilità di nuove istanze di fallimento, diverse da quelle già presentate rese improcedibili dall’omologa, estende tale possibilità anche all’assuntore.
In termini più semplici, laddove si realizzi la risoluzione del concordato, con contestuale apertura della liquidazione giudiziale ad opera del competente tribunale, il fallimento può essere chiesto nei confronti dell’assuntore il cui intervento ha comportato novazione soggettiva degli obblighi pregressi.
Tale fattispecie ricorre invero quando gli obblighi del concordato siano stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore originario, in tal modo determinandosi l’effetto di scioglimento di ogni collegamento tra i debiti gravanti sull’assuntore rispetto a quelli che hanno prodotto l’insolvenza d’origine e che appartenevano al concordato.
Secondo la Suprema Corte, infatti, “la L. Fall., art. 186, nel comma 4, esclude la risolubilità ogniqualvolta gli obblighi del concordato “siano assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore”; nel qual caso non si dubita che, in presenza dei relativi presupposti, il fallimento possa essere chiesto nei confronti dell’assuntore il cui intervento ha comportato novazione soggettiva degli obblighi pregressi sciogliendo ogni collegamento tra i debiti su di lui gravanti e quelli che hanno prodotto l’insolvenza d’origine. Diversamente accade in presenza di formule dilatorie, promissorie, garantite, miste o di continuità aziendale L. Fall., ex art. 186 bis, nel qual caso il debitore rimane obbligato agli adempimenti concordatari ed al pagamento della percentuale promessa ovvero di quella minima imposta dalla legge (come oggi stabilito, con esclusione del concordato con continuità aziendale, dalla L. Fall., art. 160, u.c., introdotto dal D.L. n. 83 del 2015, conv. in L. n. 132 del 2015)”.