Il nuovo regime Iva nelle spedizioni di merci internazionali

La progressiva crescita dei canali online e l’amplificarsi delle prestazioni di trasporto derivanti dal costante incremento dei mercati target delle industrie nazionali, ben oltre i limiti dell’ordinario mercato domestico, hanno strutturalmente generato un rilevante interesse in ordine al trattamento Iva delle attività accessorie alla circolazione dei beni.

Già l’art. 146 della Direttiva Iva limitava il regime di non imponibilità, da cui discendono evidenti vantaggi in termini di flussi di cassa e di concorrenza rispetto ai prezzi praticati in comparazione con altri operatori di settore, ai soli servizi di trasporto resi direttamente al mittente o al destinatario dei beni, sul punto stimolando anche numerose pronunce della Corte di Giustizia UE interessata ad armonizzare l’applicazione delle differenti norme nazionali.

Tale crescente attenzione fa da corollario alla riforma introdotta dall’art. 5-septies del D.L. n. 146/2021 (c.d. Decreto Fiscale, convertito con modifiche nella Legge n. 215/2021), che ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, un trattamento Iva dei servizi di trasporto connessi agli scambi internazionali, circoscrivendo il regime di non imponibilità ai soli casi in cui la prestazione sia resa all’esportatore, al titolare del regime di transito, all’importatore o a società impegnata nei servizi di spedizione.

Il novellato art. 9 del D.P.R. n. 633/72 prescrive, dunque, che “le prestazioni di cui al comma 2, numero 2, non comprendono i servizi di trasporto resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario dei beni o dal prestatore di servizi di cui al numero 4 del medesimo primo comma”.

La riforma, allo stato ovviamente priva di quanto mai utili documenti di prassi che possano orientare una corretta chiave di lettura ad opera dell’interprete, lascia irrisolte non poche questioni che, a parere di chi scrive, si candidano a determinare l’insorgenza di problematiche applicative di rilevante portata.

Tra queste, quella inerente al perimetro di operatività della qualifica di “impresa di spedizione”, attribuzione da interpretare avendo presente la circostanza secondo cui la novellata norma àncora, in relazione ai trasporti internazionali di beni in importazione, la possibilità di accedere al regime di non imponibilità al necessario presupposto di inserimento della voce di spesa in fattura, e quindi anche nell’inserimento di essa nella base imponibile funzionale allo sdoganamento della merce.

D’altra parte la riforma dell’art. 9 del d.p.r. n. 633/72, oltre che essere – come detto – imposta da un’esigenza di piena aderenza al diritto unionale, aveva – già nel corso del 2021 – acquisito estrema urgenza, per effetto della prassi introdotta dall’Agenzia delle Entrate, con un cambio di interpretazione delle norme di riferimento rispetto a quella basata sulla circolare del 3 agosto 1979 n. 26 del ministero delle Finanze.

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A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.

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