Il mancato sfruttamento dell’autotutela sospensiva rappresenta un’occasione sprecata dall’Amministrazione Finanziaria

L’autotutela sospensiva si concretizza nella sospensione degli effetti di un atto amministrativo da parte dell’Ufficio che lo ha emanato, operata di propria iniziativa ovvero nelle more di un giudizio, in esito ad una valutazione da cui sia scaturita l’illegittimità o l’infondatezza del provvedimento stesso.

Si tratta di un istituto che nonostante l’indubbia utilità, non risulta ad oggi debitamente sfruttata da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Detto istituto (la cui natura è strumentale rispetto all’esercizio del potere di annullamento) fu introdotto nell’ordinamento giuridico nazionale con la Legge n°28/1999, che inserì nell’articolo 2 quater del Decreto Legge n°564/1994 i commi 1 bis, 1 ter, 1 quater ed 1 quinquies. Fondamentale risulta pure il Decreto Ministeriale n°37/1997, che introdusse il “Regolamento recante norme relative all’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell’Amministrazione Finanziaria”.

L’autotutela, per espressa disposizione dello Statuto del Contribuente (art.13 c.6) può essere esperita anche dal Garante del Contribuente (sia di propria iniziativa che su segnalazione dei soggetti interessati).

Questa particolare forma di autotutela il cui adeguato sfruttamento potrebbe contribuire tanto alla salvaguardia degli interessi dei contribuenti quanto al raggiungimento del buon andamento della Pubblica Amministrazione è stata regolamentata dalla Circolare ministeriale n. 198/1998.

Tale documento di indirizzo statuisce l’irrilevanza del comportamento tenuto dal contribuente, del tempo trascorso dall’emanazione dell’atto e dello sviluppo del processo che eventualmente abbia interessato l’atto de quo (eccezion fatta per la sopravvenienza di un giudicato sostanziale in proposito), affermando che è solo il frutto del riesame compiuto dall’Ufficio a poter sancire la legittimità o l’illegittimità dello stesso.

Detta valutazione, se operata correttamente, potrebbe avallare l’eventuale ritiro o riduzione delle pretese tributarie nel momento in cui queste si rivelassero (anche solo parzialmente) infondate.

Ovviamente ciò contribuirebbe in modo determinante a rasserenare il rapporto tra Fisco e Contribuente (in oggi piuttosto “spigoloso”) nonché a perseguire l’obiettivo del buon andamento dell’A.F. (che, stanti le previsioni degli articoli 53 e 97 della Costituzione, dovrebbe tradursi in qualcosa di più concreto che in una mera enunciazione di principio).

Gli effetti benefici che scaturirebbero da tale positiva prassi sarebbero duplici.

Innanzitutto, i contribuenti saprebbero di trovarsi di fronte ad un’Amministrazione Finanziaria non animata nei propri intenti da volontà vessatorie di sorta bensì dall’intenzione di perseguire un pubblico interesse (per quanto non dei più graditi dai cittadini) nel segno della legalità.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate eviterebbe in un numero consistente di occasioni che il contribuente adisca l’Autorità Giurisdizionale in sede contenziosa (il che farebbe risparmiare tempo, soldi ed energie tanto pubblici che privati).

Quanto scritto non è semplicemente il frutto delle riflessioni dell’Autore, bensì la riproposizione della valutazione che dello strumento de quo diede a suo tempo la stessa Amministrazione Finanziaria.

Proprio quest’ultima, infatti, nella già richiamata circolare si era soffermata sui due aspetti cruciali dell’efficacia legalitaria (costituzionalmente orientata) dell’operato della P.A. e della maggiore efficienza che dalla prima sarebbe scaturita.

Peraltro, anche una volta optato per la sospensione dell’efficacia dell’atto che appaia in un primo momento illegittimo o infondato, l’Ufficio non risulterebbe assolutamente vincolato ad un successivo annullamento.

Lo stesso, se lo ritenesse opportuno, potrebbe infatti orientarsi nel prosieguo in favore del rigetto dell’istanza e della revoca della sospensione concessa, confermando di fatto l’atto nella sua legittimità e fondatezza.

Si ricorda che gli effetti dell’autotutela sospensiva cesserebbero comunque in due casi: nel primo, ove sopravvenisse a conclusione di un giudizio la pubblicazione di una sentenza che sancisse la cessazione degli effetti della sospensiva medesima.

Nel secondo, invece, (ove la sospensione fosse stata concessa prima che si fosse ricorso al contenzioso) a fronte della notificazione di un nuovo atto al contribuente che confermasse o sostituisse quello contestato (con possibilità riconosciuta al contribuente di impugnare il primo o il secondo).

Quel che emerge dalla considerazioni svolte in questa sede è che l’autotutela sospensiva pare presentare pregi e non difetti. I contribuenti infatti non sarebbero costretti a patire l’efficacia di atti di dubbia legittimità e fondatezza fino a quando questi non venissero effettivamente confermati dall’Ufficio emanante. Gli Uffici, dal canto loro, non avrebbero nulla da perdervi essendo comunque liberi di confermare in seguito al riesame la validità degli atti emanati. Ciò che forse occorrerebbe da parte di essi, probabilmente, sarebbe una maggiore propensione alla tutela degli interessi dei cittadini, che mal si accorda con le impellenti esigenze di cassa che paiono affliggere la nostra Amministrazione Finanziaria.

 

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