I Modelli Organizzativi 231 scongiurano il pericolo di recidiva per i reati fiscali

La rivoluzione copernicana introdotta dall’art. 25 quinquiesdecies del d.Lgs. 231/01 inizia a far comprendere la portata innovativa della scelta normativa compiuta attraverso la legge 15 dicembre 2019, n. 157, che, come noto, ha ufficialmente annoverato gli illeciti fiscali tra quelli ai quali consegue una responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del d.Lgs. 231/2001, prevista dall’art. 25-quinquiesdecies del Decreto.

Con il d.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, è stato nuovamente arricchito il d.Lgs. 231/01, con l’ulteriore modifica dell’appena introdotto art. 25-quinquiesdecies il comma «1-bis.  In  relazione  alla  commissione  dei  delitti   previsti  dal   decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, se commessi nell’ambito di  sistemi  fraudolenti transfrontalieri e  al  fine  di  evadere  l’imposta  sul  valore aggiunto per un importo  complessivo  non  inferiore  a  dieci milioni  di  euro,  si  applicano  all’ente  le   seguenti   sanzioni  pecuniarie: a) per il delitto di dichiarazione infedele previsto  dall’articolo  4, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote; b) per il delitto di omessa dichiarazione previsto dall’articolo 5,  la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; c) per il delitto di indebita compensazione previsto  dall’articolo  10-quater, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.»; 2) al comma 2,  le  parole  «al  comma  1»  sono  sostituite  dalle  seguenti: «ai commi 1 e 1-bis»; 3) al comma 3, le parole  «commi  1  e  2»  sono  sostituite  dalle  seguenti: «commi 1, 1-bis e 2»”.

I reati, dal cui compimento è fatta derivare la responsabilità amministrativa dell’ente, sono quelli espressamente e tassativamente richiamati dal d.Lgs. 231/2001 e successive modifiche ed integrazioni.

Tale modifica legislativa, tuttavia, non ha quale esclusivo riverbero l’inasprimento della risposta repressiva dell’ordinamento rispetto a tali fattispecie di illecito, ponendosi altresì come efficace garanzia per la Società che si doti di MOG 231 nel dimostrare all’Autorità Giudiziaria l’assenza di profili di dolo in caso di eventuali contestazioni di ipotesi criminose di matrice fiscale.

A poca distanza dall’entrata in vigore della Novella, una pronuncia del Giudice per le indagini Preliminari di Verona sembra lasciare ampio spazio a tale illuminata chiave interpretativa.

Con l’Ordinanza dello scorso 3 aprile, il prefato Giudice del Tribunale scaligero ha revocato la misura cautelare personale degli arresti domiciliari, per due soggetti indagati per fattispecie delittuose contemplate dal d.Lgs. n. 74/2000, ritenendo che “l’adozione di meccanismi organizzativi volti a contrastare la protrazione degli illeciti” nonché ”l’introduzione di figure di controllo esterne sugli organi societari per mezzo dei quali sono perpetrati gli illeciti” potessero essere apprezzate “quali elementi influenti sul pericolo di recidivanza”, tanto da ritenerlo, allo stato cessato e, dunque, non più attuale e opponibile a fondamento delle originarie esigenze cautelari.

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L’obbligo degli Uffici di dare esecuzione alle sentenze tributarie

A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 156/2015 all’articolo 67-bis del D.Lgs. 546/1992, tale previsione stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie (oggi, per effetto della Legge n. 130/2022, corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado) sono esecutive. Già anteriormente al D.Lgs. 156/2015, peraltro, la giurisprudenza di legittimità aveva sancito che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi fosse già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio effettuato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, e quindi anche all’articolo 282 c.p.c., anche sulla base dell’articolo 68 del menzionato D.Lgs. 546/92.

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