Gli effetti della transazione fiscale sui contenziosi tributari pendenti

Il rapporto tra liti tributarie pendenti e transazione fiscale è questione, da sempre, al centro di un accesso dibattito dottrinale.

Prima della riforma del 2016, secondo un’interpretazione confermata dalla Corte di Cassazione, gli effetti della transazione fiscale sul contenzioso tributario erano di eminente matrice estintiva: in altri termini, chiusa la transazione al contribuente non veniva riconosciuta alcuna possibilità di continuare a coltivare il contenzioso, di fatto risolvendosi in una sorta di acquiescenza all’originario atto impositivo impugnato.

Con la sentenza n. 16755/2020, la Suprema Corte ha difatti affermato come, in presenza di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, contenente la transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. non determina alcun effetto di “cristallizzazione” dei rapporti giuridici d’imposta, non producendosi né il consolidamento del debito fiscale, né la cessazione delle liti fiscali pendenti.

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, una volta che l’accordo di ristrutturazione sia stato omologato ai sensi dell’art. 182-bis l.f. deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento a tutti i contenziosi fiscali pendenti al momento della presentazione della domanda.

Nella pronuncia in commento i Giudici di legittimità arrivano a sostenere che l’iscrizione a ruolo del carico tributario rientrante in una proposta di transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. e la conseguente notificazione della cartella di pagamento siano possibili solo laddove gli effetti dell’accordo vengano meno in conseguenza dell’inadempimento del contribuente.

Secondo la legislazione vigente, invece, la chiusura di una transazione fiscale non pregiudicherebbe il diritto di difesa (sancito dall’art. 24 della Costituzione) inerente alla possibilità di proseguire il contenzioso, con la possibilità nel caso di vittoria di far valere la pronuncia ai fini del consolidamento del debito tributario posto alla base delle “trattative” con l’Agenzia intraprese in sede di trattazione.

Nella sostanza accade, invece, che i rapporti tra contenzioso e transazione siano regolati in maniera inversa a quanto invece prospettato.

Spesso infatti, con statuizioni di rinvio ad opera delle Commissioni di merito, è il giudizio tributario che tende ad aspettare gli esiti della transazione, trascurando la circostanza, come detto oggi concessa, che sia la transazione in atto a poter beneficiare di un eventuale esito positivo del processo tributario.

In termini processuali, dunque un’iniziativa del contribuente tesa ad ottenere il rinvio della decisione del Giudice tributario per attendere gli esiti di una transazione in corso, oltre a palesarsi come istanza non propriamente sorretta da solide basi giuridiche, risulterebbe completamente contraria allo spirito dell’impianto normativo e priverebbe la parte privata della possibilità di beneficiare, in transazione, degli eventuali esiti positivi della lite tributaria coltivata.

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