Per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali riconosciute ai fini dell’imposta di registro in caso di acquisto della “prima casa” non di lusso, l’acquirente deve dimostrare la sussistenza delle condizioni elencate all’art. 1, nota II bis, lett. b), della Tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n.131:
a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività;
b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa”.
Accade spesso che a seguito della separazione personale i coniugi, che avevano precedentemente fruito dell’agevolazione fiscale in parola, mediante acquisto in comproprietà, acquistino un nuovo immobile da destinare a propria abitazione dichiarando nell’atto notarile di possedere i richiesti requisiti e conseguentemente versando le imposte nella misura ridotta in applicazione delle agevolazioni “prima casa”.
L’Amministrazione in questi casi tende a revocare le agevolazioni fiscali per l’acquisto della casa ritenendo violata la condizione di cui al punto b) e riliquidando conseguentemente le imposte.
La giurisprudenza – di cui si riporta una breve rassegna- al contrario, tende a riconoscere la bontà dell’operato del contribuente confermando l’agevolazione richiesta e annullando gli atti impositivi emessi dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare anche recentemente è stato confermato l’indirizzo secondo il quale “al verificarsi della separazione legale, la comunione tra coniugi di un diritto reale su un immobile, ancorché originariamente acquistato in regime di comunione legale, deve essere equiparata alla contitolarità indivisa dei diritti sui beni tra soggetti tra loro estranei, che è compatibile con le agevolazioni suddette, atteso che la facoltà di usare il bene comune, che non impedisca a ciascuno degli altri comunisti di “farne parimenti uso” ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., non consente di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comproprietari, per cui la titolarità della quota è simile a quella di un immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative” (Cass. Sent. n. 3931 del 19.02.2014). Da ciò ne consegue che l’acquisto effettuato a seguito di separazione per il quale viene richiesta l’agevolazione prima casa non viola il requisito posto dalla lettera b) sopra indicata.
La medesima conclusione non viene accolta nel diverso caso della separazione di fatto in quanto le agevolazioni “prima casa” spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base a risultanze certificate, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto o uso di altro immobile ubicato nel medesimo Comune, senza che, a tal fine, possano rilevare situazioni di fatto contrastanti con le risultanze del dato anagrafico (Cass. Sent. n. 7069 del 26.03.14).
In altra recente pronuncia la Cassazione, rigettando il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate, ha affermato che la disponibilità della casa familiare derivante dal provvedimento giudiziale di assegnazione da parte del giudice della separazione o del divorzio, non integrando un diritto reale, bensì un diritto personale di godimento di natura atipica, consente l’accesso ai suddetti benefici (Cass. Sent. n. 2273 del 3.02.14).
Si riferisce, infine, l’ipotesi che determina la decadenza dall’agevolazione, in cui l’immobile acquistato con i benefici fiscali viene ceduto entro 5 anni dall’acquisto e non è seguito dall’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale entro l’anno dalla cessione.
In particolare la giurisprudenza ha riaffermato il principio di diritto, già contenuto in precedenti arresti, secondo il quale – nel caso di vendita ante tempus di un immobile acquistato con i benefici prima casa – nella nozione forza maggiore astrattamente idonea ad impedire la decadenza dai benefici in commento non sono sussumibili meri motivi soggettivi, quali la separazione coniugale, ma solo impedimenti oggettivi, imprevedibili ed inevitabili (Cass. Ord. n. 8620 del 11.04.14).
L’attribuzione fatta da un coniuge all’altro, della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale, costituisce una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi in vista della cessazione della loro convivenza. Partendo da questo presupposto ai fini della decadenza dall’agevolazione “prima casa” in ipotesi di trasferimento avvenuto nel quinquennio non seguito dall’acquisto di altra abitazione entro l’anno, la Cassazione a distanza di pochi giorni ha tratto due conseguenze diverse: nel primo caso ha sancito la decadenza dalle agevolazioni in commento (Cass. Sent. 2263 del 3.02.14); nel secondo caso richiamando anche quanto affermato dalla stessa Amministrazione nella Circolare 27/E del 2012 ha statuito che tale attribuzione non costituisce una forma di “alienazione” dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dei benefici “prima casa” (Cass. Ord. 3753 del 18.02.14).