Sembra ormai giunta a maturazione la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, qualora gli importi in contestazione non superino i 10.000,00 euro annui.
Il Consiglio dei Ministri infatti, in data 13 novembre 2015, ha approvato tale disposizione che riprende quanto previsto, sul punto, dalla legge n. 67 del 28 aprile 2014.
L’art. 2 della L. 67/2014 aveva infatti delegato il Governo ad adottare “uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili”, disponendo per quanto di interesse di “trasformare in illecito amministrativo il reato di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, purché l’omesso versamento non ecceda il limite complessivo di 10.000 euro annui”.
Non solo. Nel citato articolo 2 della legge delega si legge altresì che il datore di lavoro non risponderà neppure dell’illecito amministrativo nel caso in cui provveda al versamento delle somme dovute entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
E’ bene, sul punto, sottolineare che sino ad ora, nonostante tale previsione inserita nella legge delega e alcune pronunce dei Giudici di merito che avevano, di fatto, ritenuto già depenalizzata la fattispecie, la Corte di Cassazione ha mantenuto una posizione più stringente, affermando che il reato de quo non è ancora stato formalmente trasformato in illecito amministrativo. Addirittura, la Suprema Corte ha sottolineato che “la delega da essa conferita al Governo per l’emanazione dei decreti legislativi delegati, al fine di prevedere la depenalizzazione della fattispecie e la trasformazione della stessa in illecito amministrativo, non è stata ancora esercitata e potrebbe anche non essere in alcun modo utilizzata nel termine fissato” (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 11-03-2015, n. 21036/15).
Ecco invece che ora, attraverso l’approvazione del testo da parte del Consiglio dei Ministri, che ha recepito sostanzialmente quanto oggetto di delega sullo specifico punto, l’impasse generatasi sembra arrivare ad una conclusione.
Pertanto, nei processi penali non ancora definiti che hanno per oggetto tale contestazione dovrà essere pronunciato proscioglimento dell’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 2, secondo comma, C.P. “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
Allo stato attuale, tuttavia, non essendo ancora entrata in vigore la disposizione, alcuni Tribunali scelgono di rinviare il procedimento pendente a nuova data, con sospensione del decorso della prescrizione, proprio per evitare la celebrazione inutile di un processo per un reato destinato ormai a non essere più previsto come tale dalla legge.