Concordato preventivo: la più recente giurisprudenza sull’ammissibilità della falcidia dell’IVA in assenza di transazione

Tra i principali dubbi che la disciplina delle soluzioni concordate alla crisi d’impresa pone agli interpreti vi è l’interrogativo se la disposizione che statuisce che il debito IVA dev’essere inderogabilmente soddisfatto per intero spieghi effetti soltanto all’interno del perimetro di operatività della transazione fiscale o se, al contrario, vada interpretata come disposizione sostanziale di cui tenere in ogni caso conto nella valutazione di ammissibilità del ricorso ex artt. 160 ss. l.f..

Il tema è stato di recente oggetto di un attento esame da parte dei Giudici di merito. Dette pronunce offrono importanti spunti di riflessione sul tema della transazione dei debiti tributari per le imprese che versino in stato di insolvenza e che intendano ristrutturare la propria esposizione o accedere alla procedura concordataria.

Dal momento, infatti, che l’IVA costituisce generalmente una fetta considerevole del debito di un’azienda in crisi, l’impossibilità di transare con il Fisco, in misura forfetaria, l’importo della stessa rappresenta uno dei principali ostacoli alla piena fruizione dell’istituto del concordato preventivo.

Prendendo, dunque, le mosse dalla normativa in tema di transazione fiscale, si osserva che la riforma di cui all’art. 32 c. 5 del D.L. 29 novembre 2008 n. 185 ha riformulato l’art. 182-ter l.f. proprio nel senso di estendere l’applicazione dell’istituto anche all’IVA. La norma precisa, tuttavia che “con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.

La possibilità di transazione del debito derivante dall’imposta di consumo risulta, pertanto, circoscritta alla sola ipotesi di pagamento dilazionato. Di contro, per il concordato senza transazione, non è prevista una norma analoga che espressamente sancisca l’intangibilità dei crediti IVA.

Si pone, quindi, la necessità di stabilire se il principio dell’intangibilità di detti crediti trovi applicazione anche in caso di concordato senza transazione fiscale ovvero se, invece, la regola che esclude ogni falcidia dei crediti IVA non possa trovare applicazione al di fuori dell’ambito della transazione.

La delicata questione è stata, già in passato, affrontata dalla Corte di Cassazione, la quale con le sentenze n. 22931 e n. 22932 del 4 novembre 2011 si è espressa nel senso che la disposizione di cui all’art. 182-ter, comma 1, l.f. è destinata a spiegare effetti anche al di là del perimetro della transazione fiscale, costituendo parametro al quale commisurare ogni proposta concordataria, quand’anche il debitore non si prefigga di conseguire il consolidamento delle proprie pendenze erariali.

A suffragio di tale impostazione la Suprema Corte ha, in particolare, rilevato come appaia poco credibile che il Legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore la possibilità di assoggettarsi all’onere dell’integrale pagamento dell’IVA, imposta armonizzata a livello comunitario, optando per la transazione fiscale, ovvero di proporre un pagamento parziale di tale imposta, decidendo per il concordato senza transazione.

I Giudici di legittimità hanno, conseguentemente, affermato il principio di diritto secondo cui “con l’art. 32 del d.l. 29 novembre 2008 n. 185 è stato modificato il primo comma dell’art. 182-ter l.f. e tra l’altro è stata introdotta la precisazione secondo la quale ‘con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento’, disposizione in seguito estesa anche alla ritenute previdenziali effettuate e non versate. La disposizione ha troncato la discussione in corso circa la ricomprensione o no dell’IVA tra ‘i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea’ esclusi dalla possibilità di falcidia fin dall’originaria formulazione della norma”.

Nel medesimo senso si è espressa anche parte della successiva giurisprudenza di merito. Si consideri, a titolo di esempio, la recente sentenza del Tribunale di Brescia dell’11 giugno 2013, con la quale si è statuito che debbano considerarsi legittime, perché consentite dall’art. 182-ter, comma 1, le clausole della proposta di concordato senza transazione che prevedono la rateazione dei crediti IVA e previdenziali, mentre siano da reputarsi illegittime e tali da comportare l’inammissibilità della proposta quelle clausole che prevedono la falcidia di tali crediti, non ammessa nemmeno nell’ambito della transazione (cfr. anche Trib. Vicenza, 18 aprile 2013 e Trib. Rossano, 31 gennaio 2012).

L’opposta linea interpretativa è stata, tuttavia, recentemente intrapresa dalla maggior parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, le quali hanno dunque aderito alla tesi dell’ammissibilità della falcidia del credito IVA, con l’unico limite sancito dall’art. 160, comma 2, l.f. ovvero il vincolo del rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione.

In particolare, si è ritenuto che la prescrizione del pagamento per intero di IVA e ritenute previsto dall’art. 182-ter l.f. per il concordato preventivo con transazione fiscale non sia applicabile al concordato preventivo senza transazione sulla base di ragioni letterali, sistematiche e costituzionali: da un lato, infatti, la regola non è annoverata tra i requisiti generali del concordato preventivo ed è eccezionale in quanto derogante al principio cardine del rispetto dell’ordine dei privilegi, mentre d’altro lato la sua applicazione estensiva contrasterebbe con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza in quanto non prevista anche per il fallimento, per il concordato fallimentare e per le procedure esecutive individuali e poiché renderebbe inammissibili tutti i concordati nei quali l’imprenditore non possiede moneta per il pagamento dei creditori privilegiati di grado superiore, diminuendo la portata dell’istituto e rendendolo pressoché improponibile (cfr. Corte Appello Genova, 27 luglio 2013; Trib. Cosenza, 29 maggio 2013; Trib. Como, 29 gennaio 2013; Trib. Varese, 30 giugno 2012).

Si segnala, in conclusione, l’ultima pronuncia registrata sul punto ovvero quella del Tribunale di Campobasso del 31 luglio 2013, la quale ha ribadito che “premesso che il ricorso alla transazione fiscale da parte del debitore è facoltativo e che l’articolo 160 l.f. ammette la possibilità di pagare soltanto in percentuale i crediti privilegiati di qualsiasi natura, il debitore che non ritenga conveniente l’utilizzo della transazione fiscale potrà sempre proporre il soddisfacimento parziale dei debiti tributari e contributivi incapienti. In tal caso, non troverà applicazione l’articolo 182-ter l.f. ma il principio generale di cui al citato articolo 160, il quale, in determinate condizioni, consente la falcidia di tutti i crediti privilegiati”.

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