Il sistema MiFID II distingue, come noto, tre categorie di investitori: 1) controparti qualificate; 2) clienti professionali (siano essi privati e pubblici); 3) clienti al dettaglio, secondo un meccanismo che tende a rafforzare e ampliare le tutele in sede di investimento da parte di soggetti privi delle necessarie competenze.
In linea generale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che è specifico obbligo dell’intermediario comunicare all’investitore, in sede di informativa inerente a un eventuale acquisto di titoli, le notizie sul rischio di default dell’emittente che restino conoscibili alla sua diligenza professionale (cfr. Cass. n. 12544/2017).
La Suprema Corte, , ha inoltre chiarito che gli obblighi informativi posti in capo all’intermediario hanno natura “attiva” e “concreta”, nel senso che quest’ultimo è tenuto all’assolvimento dell’obbligo assicurando – tramite indicazioni idonee a descrivere la natura ed a rappresentare la specifica rischiosità – informazioni specifiche sulla tipologia e i rischi degli investimenti proponibili, altresì considerando le specifiche esigenze del singolo rapporto, avuto riguardo alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente (cfr., Cass., Sent. n. 8089/2016).
Anche alla luce degli aggiornamenti apportati alla MiFiD, la Corte di Giustizia Europea, con la pronuncia del 24 febbraio 2022, n. 143, ha chiarito che l’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2002/83, in combinato disposto con l’allegato III, punto A, a. 12, impone che le indicazioni sulla natura delle attività di contropartita comportino sempre specifiche sulle caratteristiche essenziali di quest’ultima, caratterizzandosi per la loro chiarezza, precisione e comprensibilità (rispetto alla natura economica e giuridica delle citate attività e ai rischi correlati).
La Corte di Giustizia UE ha precisato che l’obbligo informativo sull’investimento non prevede necessariamente l’inclusione di informazioni esaustive sulla natura e sull’entità di tutti i rischi connessi all’investimento nelle attività di contropartita medesime, né informazioni identiche a quelle che l’emittente degli strumenti finanziari che le compongono ha comunicato all’impresa di assicurazione, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.
In ogni caso, secondo un coerente indirizzo delle Corti di merito nazionali, non grava in capo all’intermediario alcun onere di accertamento della effettiva sussistenza dei requisiti di professionalità, se questa viene attestata in sede di risposta all’obbligatorio questionario informativo, essendo – di contro – onere del cliente dimostrare la non collimanza tra quanto da questi maldestramente dichiarato e l’effettiva conoscenza dell’intermediario circa la situazione soggettiva reale dello stesso cliente (cfr. Corte d’Appello di Bologna, sentenza 9 giugno 2020, n. 1585.
Questo è uno degli aspetti possibile oggetto di revisione in sede di promulgazione della MiFiD III, che potrebbe vedere la luce già nel corso del 2022 e che, in tema di clienti professionali e controparti qualificate, dovrebbe prevedere oneri inferiori in termini di trasparenza sui costi per clienti che dispongono di qualificate competenze in sede di investimento.